Bagnoli tra mille promesse è ancora senza commissario
agnoli? Me ne occupo io». Era il 2 giugno dell’anno scorso. A tredici mesi da quel primo annuncio. A 308 giorni dall’approvazione del decreto Sblocca Italia, poi trasformato in legge, che riguarda anche l’area dell’ex Italsider. A quattro mesi da una solenne promessa del governo («A giorni la nomina», dichiarò il 4 marzo scorso il ministro Delrio). E dopo l’ennesimo nulla di fatto di un mese fa, perché De Luca non si era ancora insediato alla Regione Campania, Renzi — incredibile ma vero — è riuscito a rinviare ancora una volta la nomina del commissario per la bonifica. Appena una settimana fa, a un lettore de l’Unità che gli chiedeva che fine avesse fatto quell’impegno, aveva risposto che sarebbe stato onorato col Consiglio dei ministri di venerdì 17, aggiungendo, vista la data, una chiosa delle sue: «Un abbraccio forte a tutti i superstiziosi».
Gli è andata male. Il commissario ancora non c’è, la scommessa è persa. C’è però un’intenzione di nomina, tutta ancora da perfezionare e da condividere col diretto interessato, che pare l’abbia letta su Il Mattino. Già qualcosa, si dirà. Ed è vero. Eppure, di nomine perse sulla via di Bagnoli se ne contano già due: quella di Raffaele Cantone e quella del viceministro Carlo Calenda. Ora il prescelto è Salvo Nastasi, funzionario del Mibac, esperto manager di Stato, già commissario del San Carlo e del Maggio fiorentino, in procinto di diventare vice segretario generale di Palazzo Chigi.
Ma perché Renzi perde tempo? Semplice: perché la figura del commissario è stata pensata male e legiferata peggio; perché esautora il Comune di Napoli, e non a caso il sindaco de Magistris minaccia le barricate; e perché, fatto il commissario, bisognerà poi scegliere il soggetto attuatore, dire dove troverà i soldi per la bonifica, ripensare un intero pezzo di città. Un falso problema è invece quello del mancato compenso stabilito per legge per il commissario, poiché nel caso di Nastasi, il problema già si pose, e fu risolto, per il San Carlo e per il Maggio. I dettagli tecnici che hanno frenato la nomina sono di altra natura, ben più complessi, e ancora irrisolti.
Tutto questo a venticinque anni dalla dismissione dell’acciaieria. A venti dal primo progetto di riconversione firmato Renzo Piano. A tredici da quando Ermanno Rea, già deluso per i ritardi accumulati, ci scrisse su un bel romanzo. A dieci dall’approvazione del piano attuativo del Comune e a nove dall’ultimo concorso internazionale vinto dall’architetto Francesco Cellini, mai avviato. Un disastro senza uguali, insomma. E la riprova sta nel fatto che, diversamente da Pittsburgh, Dortmund, Bilbao o Metz, una riconversione della propria area siderurgica Napoli non l’ha mai vista, neanche col cannocchiale, nonostante i trecento e più milioni di euro fin qui già spesi.
Nel buco di 130 ettari lasciato dalla fabbrica sbullonata, tra la collina di Posillipo e l’isolotto di Nisida, bisognava realizzare 1,5 chilometri di passeggiata
I lavoratori che erano occupati nell’area industriale di Bagnoli al massimo della sua espansione. Il numero non tiene conto dei lavoratori occupati nell’indotto
Fotostoria
L’acciaieria di Bagnoli terminò la produzione nel 1989 Nel 2013 un incendio devastò la Città della scienza sorta sull’area
È del 1910 il via alla produzione a mare, 8,5 di piste ciclabili, 9 di viali, 52 ettari di parco con oltre 14mila alberi e 6 ettari di laghi e vasche d’acqua; mentre ai bordi del parco dovevano esserci il porto, gli alberghi, le case, gli studios cinematografici, i servizi. Di tutto questo, nulla ancora c’è.
Ci sono, invece, una Città della Scienza da ricostruire dopo l’incendio che l’ha ridotta in cenere; una Porta del parco inaugurata non si contano più le volte e già in disarmo; e una cittadella dello sport perfetta ma intonsa, perché mai aperta al pubblico, neanche per un giorno, essendo stata immediatamente posta sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. I manti erbosi, dicono i pm, nascondono le scorie inquinanti di una bonifica su cui si addensano mille sospetti e per giunta mai completata, perché nel frattempo è fallita Bagnolifutura, la società di trasformazione urbana del Comune che non ha mai risolto, tra le altre, la decisiva questione della proprietà dei suoli. Intanto c’è Taranto che guarda.
Bagnoli avrebbe potuto indicare un’alternativa all’acciaio. È invece solo una enorme padella per chi è già sulla brace.
@mdemarco55