Tour, oltraggio alla maglia gialla Froome
«Un ragazzo mi ha tirato un bicchiere d’urina e mi ha dato del dopato. Colpa di certi commentatori»
Un bicchiere di troppo e il Tour sbanda pericolosamente. «Ah non c’è dubbio che fosse urina quella che mi hanno tirato addosso. È stato un ragazzo dall’aria strana, l’ho visto bene che si avvicinava, urlandomi “dopato!”».
Il campione mondiale di autocontrollo ha la maglia gialla e l’aria serena dopo la tempesta. Chris Froome dà un’altra piccola ma sufficiente dimostrazione di forza nella breve salita finale (3.1 km al 10% di media) di una tappa per fuggitivi, vinta per la prima volta da una squadra sudafricana, la Mtn Qhubeka, nel Mandela Day. Ma su queste strade non c’è spazio per nessuna riconciliazione: «Sono molto arrabbiato — dice Froome — . Quello che è successo a 60 km dall’arrivo è inaccettabile, non è più sport. Ed è successo a causa di alcuni commenti irresponsabili in seguito alla mia vittoria a La Pierre St Martin. Di chi parlo? Loro lo sanno. Non sono spaventato per la mia incolumità e vorrei ringraziare uno per uno quelli che invece ci sostengono. Non mollo certo per qualcuno che mi insulta. La nostra sfortuna è quella di portare sulle spalle l’eredità del passato. È tutto molto fastidioso, perché noi facciamo le cose come si deve».
Froome ce l’ha coi commentatori della tv francese, Vasseur e Jalabert, coinvolti in casi di doping da corridori e ora dubbiosi delle prestazioni del britannico, che però non ha ancora risposto in modo convincente alle tre questioni chiave: 1. Se il file che rivela le sue prestazioni eccezionali sul Ventoux nel 2013 è stato alterato. 2. Se il suo battito cardiaco alla soglia è di poco superiore a 150. 3. Se è disposto a pubblicare i dati di un suo test sotto sforzo. Il lancio di pipì, già subito dal Cavendish nel 2013 avvelena il clima e fa pensare che ci possa essere anche una frustrazione dei tifosi francesi contro gli inglesi, accresciuto ieri dalla beffa di Pinot e Bardet infilzati come polli da Cummings.
Resta il fatto che prima della partenza da Rodez, nella zona dove era sbarcato a fine settecento «il ragazzo selvaggio» raccontato da Truffaut, anche il principale gregario della maglia gialla, Richie Porte, si era lamentato: «Nella tappa vinta da Chris sui Pirenei mi sono beccato un pugno. E poi i fischi e i buu. Non è giusto, non ce lo meritiamo». «Purtroppo è lo stesso clima che c’era sull’Alpe d’Huez due anni fa» rincara Geraint Thomas, altro elemento del Team Sky, che ha chiesto maggiori misure di sicurezza attorno al leader.
Anche Merckx si beccò un cazzotto al fegato, e Armstrong veniva spesso insultato, ma la giungla delle salite sembra sempre più inestricabile: «Odio gli spettatori sulla strada che ti colpiscono» dice l’australiano Dennis, prima maglia gialla del Tour. Segno che il malessere è sempre più ampio. Come il dominio di Froome: lo scatto su Quintana che lo aveva attaccato nel finale (e supera Van Garderen sul podio) è legittimo, ma non gli porterà nuovi tifosi. E nemmeno nuovi avversari: Nibali ha attaccato troppo presto, Contador non ha fatto nemmeno quello. «Mi sono fatto prendere dalla foga, ho sbagliato — ammette lo Squalo, vittima del furto degli occhiali con i quali aveva vinto il giro e di 500 euro — . Sulle Alpi si può attaccare da lontano, sarà tutto diverso». In fondo lo spera anche Froome.