Serve più responsabilità per fermare i virus che prendono l’aereo
Alla fine del 2014, quando il mondo occidentale era terrorizzato da Ebola, li abbiamo visti in molti aeroporti: termometri a infrarossi per intercettare la febbre, questionari per segnalare l’eventuale contatto con persone infette. Ma i controlli funzionano? Solo se eseguiti nel modo e al momento giusto, come spiega una ricerca sulla rivista eLife: Katelyn Gostic dell’Università della California a Los Angeles, analizzando 6 fra i virus più temuti (Ebola; Sars, Sindrome acuta respiratoria grave; «Marburg»; virus influenzali H1N1 e H7N9 e virus della «Mers», Sindrome respiratoria mediorientale da coronavirus) ha infatti concluso che per ciascuno serve una strategia diversa, altrimenti la metà degli infetti sfugge agli screening. «Misurare la febbre ai passeggeri all’inizio di un’epidemia di virus con un lungo periodo di incubazione, come Ebola o Marburg, non serve; meglio i questionari. È utile invece quando l’epidemia si è stabilizzata o per virus con breve incubazione, come l’influenza H1N1 — dice Gostic —. Il test va ripetuto alla partenza e all’arrivo: durante il viaggio i sintomi possono progredire, inoltre due esami sono meglio di uno».
Il vero scoglio per uno screening efficace è l’onestà dei viaggiatori: ai questionari, con domande studiate a seconda del virus che si cerca di identificare, bisogna rispondere con sincerità, altrimenti è inutile. « Durante l’epidemia di influenza H1N1 del 2009 si stima che non più del 25% dei viaggiatori abbia dichiarato il vero, molti hanno nascosto i sintomi — ammette Gostic —. La sincerità dei passeggeri è determinante perché le autorità possano seguire chi potrebbe essere stato esposto» L’obiettivo della massima onestà non è facile, ma è l’unico comportamento sensato, per tutelare la salute e quella di tutta la popolazione.