Corriere della Sera

Fiorucci, il rivoluzion­ario che inventò la moda pop

Scomparso a 80 anni l’inventore dell’eleganza «democratic­a» (e veloce) Il suo negozio-laboratori­o ha fatto epoca. Come i suoi simboli coloratiss­imi

- di Gian Luigi Paracchini

Sidefiniva un creativo libero e selvaggio. Elio Fiorucci, morto ieri a 80 anni, è stato un rivoluzion­ario: lo stilista dei giovani, che creò la moda pop. (Nella foto, Elio Fiorucci nel 1974 davanti allo storico negozio in San Babila)

«È stato il primo innovatore visionario che ha capito i bisogno inespressi dei giovani. Ha inventato una moda che non c’era». Ricorda così l’amico Elio Fiorucci Mario Boselli, presidente onorario della Camera nazionale della moda, amico e vicino di casa. Lo stilista milanese sarebbe morto per un malore e il corpo è stato trovato lunedì mattina nella sua abitazione. Aveva da poco compiuto 80 anni, non dava notizie da domenica e i familiari hanno lanciato l’allarme. «Ci siamo incontrati una decina di giorni fa. Ho davanti a me l’ultimo suo dono, il libro La forza della gentilezza di Piero Ferrucci», racconta Boselli.

La gentilezza ha fatto invecchiar­e bene Elio. Colpiva per i modi delicati, non era mai arrogante. Era pronto a riconoscer­e anche gli errori. «Il più grande? Aver trascurato le figlie inseguendo le mie passioni», ammi- se. Passioni che spingono il figlio del commercian­te di pantofole a viaggiare. Nel 1965 va a Londra e scopre Biba, King’s Road e Carnaby Street. Folgorato dal «caos» torna in Italia e apre lo store di Galleria Passarella, un po’ suk e po’ fabbrica di tendenze, a due passi dal Duomo.

Una rivoluzion­e: lo spirito libero e trasgressi­vo della Swinging London conquista la Milano borghese. Fiorucci gira il mondo, raccoglie cose, nel ’68 dall’India arrivano t-shirt, dalla Cina le ballerine (36mila paia vendute). Senza saperlo, anticipa il fast fashion e democratiz­za la moda. Nel 1973 viene celebrato da Playboy per quei jeans alti che segnano il sedere. Nel 1976 apre a New York sulla 59° Strada dove arrivano anche Andy Warhol e Truman Capote. Per Jean-Michel Basquiat, ancora sconosciut­o, produce un film. Quanto a Keith Haring, nel 1984 con i suoi graffiti firma il restyling dello store milanese.

Elio ha avuto anche momenti duri. Nel 1990 le difficoltà economiche lo costringon­o a vendere il marchio ai giapponesi di Edwin: si tiene il megastore, ma nel 2003 cede anche quello a H&M. Coerente, si reinventa con «Love Therapy», cuori e nani al posto degli angeli. «Negli anni 70 si doveva provocare per liberare. Oggi serve la cura dell’amore» spiegava. Per ragioni etiche diventa vegetarian­o, paladino della sostenibil­ità a Expo. «Tutti abbiamo iniziato con lui», afferma Oliviero Toscani che firmò le pubblicità del designer. «Ci ha insegnato a trovare il bello anche dove non c’è».

Tanti quelli che usano parole commosse per ricordarlo. Dal sindaco Giuliano Pisapia a Matteo Renzi: «Sono addolorato per la scomparsa di Fiorucci — scrive il premier —, spirito libero, talento creativo che ha saputo tenere insieme l’operosità della sua Milano e il marchio dell’Italia in tutto il mondo, con grazia, curiosità, passione».

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