«L’energia di Milano aiuta la ripresa»
L’ad di Unicredit: il nostro nuovo edificio ci rende orgogliosi La ripresa si consolida, adesso per il Paese è possibile voltare pagina
«Laripresa si consolida e l’energia dell’Expo può spingerla». Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, indica una Milano «bella e vibrante».
L’effetto Grecia. «Non ci spaventa, il nostro sistema è solido». L’Europa. «È indebolita e i mercati si interrogano, così non è né carne né pesce: ha bisogno di rilanciarsi con un progetto di crescita economica e politica». La ripresa. «Si sta consolidando. Io credo che il dato tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento sia reale». L’Expo. «È stata una scintilla che ha spinto tutti ad agire». Il premier Renzi. «Un asset importante per la nostra immagine all’estero, con lui si percepiscono stabilità e voglia di fare».
Si potrebbe continuare con l’economia e il disperato bisogno di crescere ma Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, ha un’altra carta da mettere sul tavolo: Milano. La sua ritrovata energia. La sua vitalità. Il suo coraggio civile. «Oggi è bella e vibrante», dice. «Può aprire un nuovo corso nel Paese».
Parla davanti al Pavilion, l’auditorium progettato da Michele De Lucchi che la banca mette al servizio della città. «Lo immaginiamo come luogo di incontri e di tendenze, uno spazio culturale per i giovani e l’innovazione». Un edificio di legno piantato come un seme in un luogo diventato simbolico e identitario, in quella piazza Aulenti dove il grattacielo di Cesar Pelli, sede di Unicredit, ha cambiato lo skyline milanese. Che effetto fa per una banca essere indicata come il nuovo centro di una città? «Ci riempie d’orgoglio, ci fa capire che oltre ad essere impresa possiamo diventare anche motore socioculturale di cambiamenti. E questo ci costringe ad assumerci delle responsabilità». È anche un segnale di fiducia. Come quello che spinge i giovani ad affollare le università milanesi, i creativi a progettare start up, le imprese ad investire in cultura, bellezza e qualità.
«Milano è di nuovo attrattiva e Unicredit vuole essere uno dei simboli di questa città che si proietta sui mercati esteri, che accetta le sfide». Ghizzoni ricorda la filiale che sta aprendo in Spagna, «non per far concorrenza alle banche locali, ma per offrire a tante imprese spagnole la nostra geografia di banca diffusa» e invece delle negatività sulle quali ci siamo tante volte impiccati ci tiene a rilevare quelle positività che messe insieme possono dare una spinta alla crescita. Un dato fresco: in Italia, da gennaio a giugno, Unicredit ha erogato oltre 13 miliardi di nuovi crediti, tra mutui, prestiti personali e finanziamenti alle imprese: è un più 45 per cento rispetto alla stesso periodo 2014. Certo, da Milano è più facile vedere il bicchiere mezzo pieno, qui parole come partecipazione, contaminazione, sperimentazione incidono anche nel dizionario dell’economia. «È vero, la forbice del divario si è allargata, il Nord tiene, ma il Sud soffre e se ne parla troppo poco. Solo dove la qualità è alta, come nei distretti di Bari e Catania, si resta competitivi. Deve intervenire lo Stato, garantendo sicurezza e infrastrutture. Si devono attrarre investimenti con benefici fiscali alle imprese ma se manca la sicurezza è tutto inutile».
Sicurezza, infrastrutture, innovazione e un po’ di questa Milano: è una buona ricetta per il futuro? «C’è Milano, ma c’è anche Torino che ha saputo reinventarsi dopo l’auto, e ci sono i territori. Il Nord Est per esempio: andava ieri, oggi deve ripensarsi, un’impresa ogni sei abitanti non regge nella competizione globale». Le competenze ci sono, e anche le capacità. «Però ci manca un punto preciso per gareggiare al livello più alto: la stabilità politica. Ci penalizzano i tanti poteri che si sommano e si contrastano, pesa la fragilità dei governi. Renzi ha dato una svolta, ha dimostrato che certe riforme, se si vuole, si possono fare. Ma serve continuità».
I nostri mali li conosciamo, dal debito pubblico al peso delle mafie, alla corruzione, alla burocrazia... «Dobbiamo combatterli, ma se non partiamo dai nostri punti di forza, se non mobilitiamo le energie su un progetto per il Paese, resteremo indietro. Guardi l’Expo. Tante critiche, ma alla fine Milano ce l’ha fatta. Forse ci sono ricadute inferiori, ma guardiamo i benefici: ha messo in moto una corsa alle infrastrutture e ha acceso un interesse sull’Italia. Molti stranieri restano colpiti. Adesso c’è il dopo e dobbiamo evitare di cadere sul traguardo. Ma io credo in Milano...».
Al Pavilion si preparano mostre, concerti, incontri. «I semi cadono sulla terra e le radici si infilano nel terreno per radicarsi e crescere», osserva il suo creatore, l’architetto De Lucchi. «Noi crediamo in questo seme», dice Ghizzoni. Coltivando la qualità è cambiato l’umore di Milano, domani potrebbe cambiare quello dell’Italia.
Le difficoltà «L’Europa? Si è indebolita, i mercati si interrogano. Così non è né carne né pesce