Corriere della Sera

Ecco la lista dei verdiniani pronti per il gruppo al Senato

I neorespons­abili sono undici «sicuri». Tre gli «indecisi»: tra questi Villari

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politico confeziona­to in queste ore dal deputato verdiniano Massimo Parisi.

La riunione decisiva per il varo ufficiale del gruppo dei neo-responsabi­li ci sarà oggi. Con un giro di sms e telefonate, ieri Verdini ha convocato la truppa per fare il punto finale sui «sicuri» e per chiedere definitiva­mente agli «indecisi» di sciogliere l’ultima riserva. Nella lista dei «sicuri» — o, meglio, di quelli che i verdiniani consideran­o «sicuri» — ci sono tre forzisti (Verdini stesso, Riccardo Mazzoni e Domenico Auricchio), due fittiani (Ciro Falanga ed Eva Longo, l’unica donna), uno appena uscito da Forza Italia ora al gruppo misto (Riccardo Conti), più cinque esponenti di Grandi autonomie e libertà (Lucio Barani, Domenico Compagnone, Antonio Scavone, Giuseppe Ruvolo e Vincenzo D’Anna). Tutti sono stati eletti nelle file del vecchio Pdl e, visto che sono undici, basterebbe­ro a formare un gruppo con tutti i crismi. Nella lista degli «indecisi», invece, figurano Giovanni Mauro, l’ex leghista Michelino Davico e il Senatore Denis Verdini, 64 anni, ex deputato, è a Palazzo Madama dal 2013 forzista Riccardo Villari, ex presidente della Vigilanza Rai. Quest’ultimo, qualora decidesse di aderire, potrebbe essere designato come capogruppo.

Oggi, insomma, si capirà se l’operazione partirà effettivam­ente domani o se sarà necessario aspettare qualche giorno. Possibili ripensamen­ti? Nessuno, visto che Verdini, dopo la guerra scoppiata nel cerchio magico di Forza Italia, è ancora più determinat­o ad andare avanti. Anche per sfruttare l’assist del governo sul «patto con gli Italiani» proposto da Renzi, che ovviamente i neo-responsabi­li sosterrann­o al Senato.

Già, il «Patto con gli Italiani». Berlusconi ufficialme­nte non ha ancora detto la sua. Ma, in un giro di consultazi­oni coi fedelissim­i, l’ex premier ha già lasciato intendere il modo in cui risponderà a Renzi. «Quella di Matteo è la scopiazzat­ura del mio vecchio contratto con gli italiani», ha detto ai suoi nel weekend. «Con la differenza», ha aggiunto, «che qua non ci sono le coperture per procedere al taglio delle tasse senza aggiungern­e di nuove». Secondo i berlusconi­ani, quello di Renzi è un bluff. Perché «il premier non avrà il coraggio di tagliare la spesa pubblica». A sintonizza­rsi con le antenne di Radio Arcore, l’unico slogan che si ricava a commento della mossa di Palazzo Chigi è quello che segue: «Mancavano solo Bruno Vespa e lo scrittoio di ciliegio. Poi la copia del vecchio contratto con gli italiani di Berlusconi si sarebbe trasformat­a in un plagio». Contromoss­e? «Per ora», è stata la regola di ingaggio berlusconi­ana, «rimaniamo fermi. Tanto i soldi per arrivare a questi tagli delle tasse non si troveranno mai».

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