«Se Giangi ha preso qualcosa troveremo chi gliel’ha data»
La rabbia degli amici del ragazzo suicida in Questura a Milano
La tribù di «Giangi», nomignolo a uso esclusivo del ristretto e solido gruppo di amici, a quest’ipotesi della droga non ci crede. Era proprio Gianluca Mereu, ventidue anni, morto all’alba di domenica lanciandosi da una finestra della Questura, a «cazziarci quando solo parlavamo di sostanze stupefacenti». Era poi Gianluca, allergico perfino a una bottiglia di birra, ad arrabbiarsi se nelle cene in pizzeria «esageravamo col vino». Per tacere infine dell’amore verso mamma Marinella, la stessa donna che l’altra notte ha picchiato al rientro a casa: un giorno, «parlando», ci dice l’amico del cuore, gentile e sorta di portavoce, «feci una battuta, le mancai di rispetto e “Giangi” mi mollò un pugno, era la persona più cara e non bisognava nominarla». E però, se dalle 22 di sabato alle 4, quando Gianluca è stato fuori forse in solitaria per la città, «ha preso della roba», allora, promettono gli amici, «troveremo chi gli ha venduto quella m...».
I colloqui con le ragazze e i ragazzi del gruppo nato a Milano mano a mano che si compivano i diciotto anni, per rimanere legati dopo le superiori nell’eternità e ovunque nel mondo, sono telefonate con scoppi di pianto, urla di dolore, rumore di pugni contro il muro. Gianluca era « il capo » . Quello che non sbagliava, che dava l’esempio. Protestano, gli amici, contro l’accompagnamento in Questura. Ma cosa dovevano fare i poliziotti? Gianluca aveva aggredito anche il padre e il fratello maggiore. Assicurano, gli amici, che la madre non l’avrebbe denunciato. Eppure è stata la donna ad andare in commissariato, ferita, un occhio nero. Ripetono, gli amici, che con le
I cambiamenti Ha vagato per ore, forse da solo, per la città: nell’ultimo mese sembrava inquieto I vizi «Lui era un leader, si arrabbiava se si parlava di stupefacenti o si beveva troppo»
droghe «Giangi» non c’entrava. Ma nella sua stanza hanno trovato settanta grammi di marijuana. Le analisi non hanno svelato tracce nell’erba di sostanze aggiuntive, magari allucinogene, che avrebbero potuto ingigantire gli effetti.
Gianluca aveva interrotto e ripreso a fatica gli studi delle superiori, «non era la sua strada». Aiutare i genitori nei ristoranti di famiglia «non gli piaceva». Però in Australia, nella permanenza di un anno, era stato occupato come cameriere ed era «stracontento», dice l’amico del cuore, pieno di rabbia per non averlo salvato: «Di notte mi aveva cercato suo fratello per domandare dove fosse. Gli avevo telefonato ed era spento, sempre spento...». Di ritorno dall’Australia a febbraio, Gianluca «era un altro». Con profondi cambiamenti nell’ultimo mese. «Più inquieto». Il ragazzo aveva presentato domanda per avere un nuovo visto e ripartire. Nell’attesa era volontariamente andato a stare dalla mamma: «Che strano, lui innamorato della libertà, delle nottate in ostello con decine di ragazzi...». Ci sono state delusioni d’amore? «Era legato a una ragazza, la storia s’era conclusa». E il delirio mistico, le frasi «Sono Dio»? Impossibile, «non era religioso». Gli esperti dicono che gira droga «sporca», con conseguenze difficili da prevedere e gestire; e aggiungono che i danni su un «debuttante» sono il doppio rispetto a un «abituale». L’autopsia e gli esami tossicologici daranno indizi. Ma forse è stato altro. Singole cause o un crescendo concatenato. Un problema fisico « nascosto » ed esploso, problemi famigliari, un male psichico, il rimorso per il pestaggio dei genitori (di recente i due dormivano separati), la vergogna per esser uscito dai ranghi. Dice l’amico del cuore: «Sono l’unico che lo conosceva veramente, stavamo insieme dall’asilo. Mi ha nascosto qualcosa? Non lo voglio credere. L’ultima volta che l’ho visto era lunedì. Stamattina sono andato in obitorio e non ho avuto il coraggio di entrare».