Corriere della Sera

«Se Giangi ha preso qualcosa troveremo chi gliel’ha data»

La rabbia degli amici del ragazzo suicida in Questura a Milano

- di Federico Berni e Andrea Galli

La tribù di «Giangi», nomignolo a uso esclusivo del ristretto e solido gruppo di amici, a quest’ipotesi della droga non ci crede. Era proprio Gianluca Mereu, ventidue anni, morto all’alba di domenica lanciandos­i da una finestra della Questura, a «cazziarci quando solo parlavamo di sostanze stupefacen­ti». Era poi Gianluca, allergico perfino a una bottiglia di birra, ad arrabbiars­i se nelle cene in pizzeria «esageravam­o col vino». Per tacere infine dell’amore verso mamma Marinella, la stessa donna che l’altra notte ha picchiato al rientro a casa: un giorno, «parlando», ci dice l’amico del cuore, gentile e sorta di portavoce, «feci una battuta, le mancai di rispetto e “Giangi” mi mollò un pugno, era la persona più cara e non bisognava nominarla». E però, se dalle 22 di sabato alle 4, quando Gianluca è stato fuori forse in solitaria per la città, «ha preso della roba», allora, promettono gli amici, «troveremo chi gli ha venduto quella m...».

I colloqui con le ragazze e i ragazzi del gruppo nato a Milano mano a mano che si compivano i diciotto anni, per rimanere legati dopo le superiori nell’eternità e ovunque nel mondo, sono telefonate con scoppi di pianto, urla di dolore, rumore di pugni contro il muro. Gianluca era « il capo » . Quello che non sbagliava, che dava l’esempio. Protestano, gli amici, contro l’accompagna­mento in Questura. Ma cosa dovevano fare i poliziotti? Gianluca aveva aggredito anche il padre e il fratello maggiore. Assicurano, gli amici, che la madre non l’avrebbe denunciato. Eppure è stata la donna ad andare in commissari­ato, ferita, un occhio nero. Ripetono, gli amici, che con le

I cambiament­i Ha vagato per ore, forse da solo, per la città: nell’ultimo mese sembrava inquieto I vizi «Lui era un leader, si arrabbiava se si parlava di stupefacen­ti o si beveva troppo»

droghe «Giangi» non c’entrava. Ma nella sua stanza hanno trovato settanta grammi di marijuana. Le analisi non hanno svelato tracce nell’erba di sostanze aggiuntive, magari allucinoge­ne, che avrebbero potuto ingigantir­e gli effetti.

Gianluca aveva interrotto e ripreso a fatica gli studi delle superiori, «non era la sua strada». Aiutare i genitori nei ristoranti di famiglia «non gli piaceva». Però in Australia, nella permanenza di un anno, era stato occupato come cameriere ed era «straconten­to», dice l’amico del cuore, pieno di rabbia per non averlo salvato: «Di notte mi aveva cercato suo fratello per domandare dove fosse. Gli avevo telefonato ed era spento, sempre spento...». Di ritorno dall’Australia a febbraio, Gianluca «era un altro». Con profondi cambiament­i nell’ultimo mese. «Più inquieto». Il ragazzo aveva presentato domanda per avere un nuovo visto e ripartire. Nell’attesa era volontaria­mente andato a stare dalla mamma: «Che strano, lui innamorato della libertà, delle nottate in ostello con decine di ragazzi...». Ci sono state delusioni d’amore? «Era legato a una ragazza, la storia s’era conclusa». E il delirio mistico, le frasi «Sono Dio»? Impossibil­e, «non era religioso». Gli esperti dicono che gira droga «sporca», con conseguenz­e difficili da prevedere e gestire; e aggiungono che i danni su un «debuttante» sono il doppio rispetto a un «abituale». L’autopsia e gli esami tossicolog­ici daranno indizi. Ma forse è stato altro. Singole cause o un crescendo concatenat­o. Un problema fisico « nascosto » ed esploso, problemi famigliari, un male psichico, il rimorso per il pestaggio dei genitori (di recente i due dormivano separati), la vergogna per esser uscito dai ranghi. Dice l’amico del cuore: «Sono l’unico che lo conosceva veramente, stavamo insieme dall’asilo. Mi ha nascosto qualcosa? Non lo voglio credere. L’ultima volta che l’ho visto era lunedì. Stamattina sono andato in obitorio e non ho avuto il coraggio di entrare».

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