Corriere della Sera

L’INTERVISTA VALENTINA VEZZALI

- DAL NOSTRO INVIATO Flavio Vanetti

Valentina Vezzali, se il Mondiale 2015 è stato, forse, il suo ultimo, occorre ricordare il primo.

«Essen 1993, partecipai solo alla gara individual­e. Mi inseguiva il numero 6: 6ª al mondo, 6 finali nella stagione, 6° posto conclusivo battendo la Badea e perdendo dalla Bauer. Le avrei riviste spesso, quelle due…».

Ha la sensazione della carriera unica che ha avuto?

«Sì, ma avrei potuto vincere di più. Peraltro, avrei pure potuto perdere di più. Se ho lasciato un segno, spero sia legato anche al messaggio di non mollare mai».

«C’è da lavorare». L’ha detto dopo l’eliminazio­ne nell’individual­e: pronunciat­o da una pluricampi­onessa di 41 anni, fa impression­e.

«È la mia impronta e vale per ogni settore della vita».

Il primo oro individual­e risale però al 1999: fu un oro iridato. La Vezzali non riusciva a imporsi.

«La scherma è testa. Quel primo titolo mi sbloccò: la Vezzali-cannibale nacque lì. Fu la stagione perfetta — 87 assalti vinti su 90 — e quella dell’incontro con mio marito: la stabilità affettiva mi ha dato tranquilli­tà».

Tra tante gioie, quale il momento duro?

«Vinsi il Mondiale 2005, poco dopo la maternità, e arrivai a quello di Torino. Mi ruppi un ginocchio, ma persi l’oro dalla Granbassi solo per una stoccata. La settimana dopo ero sotto i ferri: avevo 32 anni e avevo appena avuto un bambino; rifermarmi mi ha fatto paura».

Si è mai messa nei panni delle rivali?

«Le vedevo allargare le braccia e guardare il loro maestro. Ma anche il maestro allargava le braccia…».

Fuori il segreto. Cannibale Valentina Vezzali, 41 anni, ha vinto 6 ori olimpici, 16 mondiali e 13 Europei. In totale, sono 65 le medaglie conquistat­e in carriera dalla «cannibale» di Jesi

«Se lasci fluire ciò che hai dentro, è tutto semplice: siamo noi a porci dei paletti». Un flash indelebile. «Il campionato “prime lame” del 1984. Per me era come un’Olimpiade. Quando battei Elisabetta Castrucci di Frascati, mio padre mi abbracciò e mi buttò in aria». Flash numero due. «Mondiale under 17, a Lisbona: 1 maggio 1989. Il 18 aprile era morto papà, io dovevo reagire. La settimana dopo la sua scomparsa fui interrogat­a in storia e presi 8. Poi al Mondiale persi due volte: il maestro Di Naro mi portò a mangiare un gelato; rientrata in sala, finii con l’oro al collo».

2005: Valentina diventa mamma; tanti la vedono al capolinea.

«Fermandomi e ripartendo, ho dato una linea: ora le atlete non rinunciano più alla maternità e il Coni ha cambiato lo statuto».

Lei sostiene di aver battuto anche altri pregiudizi.

«Per esempio quello che un atleta perde smalto se partecipa a un programma Tv. Nel 2011 non ho rinunciato a “Ballando con le stelle”».

Ai Giochi 2012 portò la bandiera, ma poi dissero che era vecchia.

«Chi stabilisce che sei vecchio? Regola chiave: lotta per fare ciò che desideri».

La politica è diversa dallo sport. Anche negli agguati.

«In pedana parlano i risultati. In politica devi perseguire i tuoi obiettivi, sapendo che non li centri subito. Ma anche lì devi sudare».

Nel recente Decreto scuola c’è un suo emendament­o.

« Abbiamo potenziato le scienze motorie. Non è ancora il massimo, però ci saranno più insegnanti e due ore in più sono meglio di niente».

Più ore in pedana che in Parlamento l’avrebbero mandata sul podio anche nell’individual­e?

«Non lo saprò mai. Ci ho provato e ci ho messo la faccia: forse pensavo che fosse più facile, ma devo ricambiare chi ha avuto fiducia in me. Lo sport, che produce il 2% del Pil, ha

Che cosa non le è piaciuto di Valentina in questi anni?

« Facendo questa vita, ho avuto problemi con Pietro e a gestire Andrea, il secondogen­ito. È difficile essere una brava mamma».

C’è stata un’altra Vezzali nella scherma?

«Adoravo la tedesca Fichtel, la mia musa. Poi la Trillini esplose proprio contro Anja: e io Giovanna l’avevo in palestra…». Il ricordo di un c.t. «Torno ad Attilio Fini. Avevo 13 anni e scrisse sul “Giornalino della scherma” che questa Natalina era da provare. Miscelò nome e cognome: Natalina era mia sorella. Il presidente Nostini non mi voleva, lui si impuntò: “Col cavolo, va fatta tirare”».

Dove sono le 65 medaglie e i vari trofei?

«Sparsi per casa. Farò un museo? Non conta mostrare, conta l’essere».

L’oro di domenica è stato davvero l’ultimo podio?

«Edo Mangiarott­i l’ho già superato, ma aggiungere una medaglia è sempre bello. Nel 2016, se non mi qualificas­si per i Giochi, ci sarebbe comunque il Mondiale a squadre… Di sicuro inizierò la stagione».

Domanda banale, ma necessaria: quale la peggiore avversaria?

«Quella che temo di più anche oggi: me stessa».

Le 65 medaglie? Le ho sparse per casa. Farci un museo? Non conta mostrare, ma l’essere

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