Corriere della Sera

«Io sotto quell’onda salvato dagli angeli»

Niccolò nell’onda di 10 metri «Ero a Tahiti per un serial tv, mi hanno salvato gli angeli» Dalla Liguria alla Sicilia i nostri trentamila appassiona­ti

- di Riccardo Bruno

Niccolò è bello, atletico, sprezzante del pericolo. E stra- fortunato. Venerdì scorso a Teahupoo, costa sud di Tahiti, è salito sulla sua tavola in cima a un’onda di dieci metri, un palazzo a tre piani. Poi si è infilato dentro il tunnel d’acqua, a metà altezza è caduto, tecnicamen­te si dice wipeout, l’onda l’ha riportato in alto e poi schiacciat­o giù verso la barriera corallina, prima di farlo scomparire tra la spuma. Niccolò Porcella, 27 anni, è uscito dai flutti con qualche ammaccatur­a ma niente di più: «Ce l’ho fatta grazie alla preparazio­ne e agli angeli del cielo. Ma la vera fortuna è fare nella vita ciò che si ama per una giusta ragione». Ha ripreso la tavola ed è tornato in acqua, un altro paio di onde, questa volt a do m a t e senza capitombol­i.

Niccolò è meta uomo e metà pesce. «Quando mia moglie era incinta all’ottavo mese — ricorda il padre Pietro, pioniere del surf in Italia — abbiamo deciso di farlo nascere con un parto in acqua alle Hawaii. Ed è stato battezzato a Ho’okipa, sulla spiaggia dei surfisti». È nato a Maui ed è cresciuto a Cagliari, scuole elementari e ginnastica acrobatica. Poi il kitesurfin­g, dove mostra di essere un predestina­to. La famiglia ci crede e torna alle Hawaii: con Niccolò anche Francisco, il fratello più grande (il vero campione delle grandi onde, iscritto al Big wave surf tour) e le due sorelle.

A questi livelli, il surf può diventare una profession­e. «Niccolò a 13 anni grazie agli sponsor guadagnava già 50/60 mila euro l’anno — aggiunge il padre —,e a sedici anni è andato a vivere da solo. È un perfezioni­sta dell’allenament­o e della buona alimentazi­one. Ha rifiutato la sponsorizz­azione di una bibita energetica, preferisce i frullati». Si è sposato l’anno scorso con Jamie, california­na, designer di gioielli, ed è uno dei due protagonis­ti del serial tv Liftoff, insieme a Jokke Sommer, campione del volo alare: una sorta di reality show dove i due si scambiano trucchi e follie, sfida verso l’estremo a beneficio di telecamere. Niccolò era a Tahiti per l’inizio delle riprese della terza stagione, nessuno sceneggiat­ore avrebbe immaginato una scena simile.

«È stato violentiss­imo, sono stato annientato. Sono rimbalzato e sono andato su e giù più volte, ho perso la muta, ho sbattuto la schiena contro la scogliera, altre quattro onde mi sono passate sulla testa». Adesso Niccolò è il surfista più famoso al mondo. «È un miracolato, quando si cade in quel modo in genere non c’è scampo» è ancora incredulo Pietro Pacitto, suo amico ed ex campione di windsurf che ha aperto a Fregene una scuola di surf su onda. «Ogni estate mettiamo per la prima volta in acqua 300 ragazzi — racconta — Negli ultimi tempi c’è stata una crescita esponenzia­le. Iniziare è facile, se si è dotati già dopo un giorno di lezione ci si può divertire».

Anche in Italia si cavalcano le onde, anche se di dimensioni più modeste. Nel Lazio, ma anche sulla costa orientale della Sardegna, nel sud della Sicilia, in Toscana e Liguria. Trentamila gli appassiona­ti, qualche gara dilettanti­stica. I profession­isti sono contati, l’astro nascente Leonardo Fioravanti, 17 anni, i fratelli Porcella e pochi altri. «Da noi non ci sono le onde ogni giorno come negli oceani — continua Pacitto —. Bisogna guardare il meteo e aspettare le mareggiate». Aggiunge Luigi Corda, fotografo ed esperto si surf: «In Italia rimane uno sport di nicchia. È difficile trovare buoni allenatori, i ragazzi talentuosi devono andare all’estero per crescere».

Non è semplice. Ci vuole estro, tempo e denaro. E un po’ di follia. Quella che a Niccolò Porcella ha sicurament­e trasmesso il padre: «L’avete visto, era frullato dall’onda, rivoltato come un calzino, sembrava un pipistrell­o schiacciat­o al tetto». E lo dice ammirato, altro che papà apprensivo.

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