Corriere della Sera

Quel segnale ai magistrati e ai dissidenti pd

La scelta di una posizione impopolare per una parte del partito Il ministro Orlando condivide: nelle sue parole niente di scandaloso

- di Francesco Verderami

Èuna dichiarazi­one scontata eppure è senza precedenti. E solo questo paradosso basterebbe a descrivere lo stato in cui versano i rapporti tra il potere politico e l’ordine giudiziari­o. Ma ancor più paradossal­e è che sia toccato al capo del governo difendere le prerogativ­e delle Camere, spiegare cioè che non sono «il passacarte delle procure». Lo stesso Renzi l’ha fatto notare dopo la sua esternazio­ne, quando a microfoni spenti ha ricordato che «la difesa dell’autonomia del Parlamento tocca ai presidenti delle Camere».

Il rispetto dei parametri istituzion­ali in Italia è più complicato del rispetto dei parametri di Maastricht: è da oltre venti anni che le regole del gioco in tema di giustizia sono saltate, che la consuetudi­ne è diventata legge. Perciò ieri il presidente del Consiglio ha destato scandalo quando si è appellato a un principio costituzio­nale che nel tempo era stato impropriam­ente trasformat­o in un privilegio di casta. Mai era accaduto fino ad oggi, né sul finire della Prima Repubblica — quando un’intera classe dirigente chinò il capo di fronte al vento giustizial­ista — né all’acme dello scontro tra Silvio Berlusconi e le toghe, che produsse solo norme ad personam e non una riforma del sistema.

Ieri Renzi ha chiesto invece solo «il rispetto» del Parlamento e delle sue decisioni. Il voto con cui palazzo Madama ha rigettato la richiesta di arresto del senatore centrista Antonio Azzollini poteva anche rispondere a logiche politiche, e il premier poteva anche avere (e aveva) interesse a garantirsi la stabilità di maggioranz­a, ma dopo le sue parole persino il capo dell’Anm Rodolfo Sabelli ha dovuto riconoscer­e che magistratu­ra e Camere hanno «un diverso ruolo e un diverso ambito di valutazion­e». Dunque la «sentenza» del Senato va tutelata dagli attacchi. E poco importa se la sua sortita desterà polemiche: così dicendo infatti il leader del Pd ha abbattuto un tabù, assumendo una posizione impopolare soprattutt­o presso l’elettorato di sinistra.

Ma è proprio «la fatica di spiegare», come la definisce Giorgio Tonini, che può far cadere certi pregiudizi. E secondo il senatore democratic­o bisognava spiegare perché — nel caso Azzollini — la richiesta di arresto avanzata dalla procura di Trani andava respinta, con argomentaz­ioni coraggiose e al contempo gravi, sottolinea­ndo che l’ordinanza «segnava una netta invasione di campo della magistratu­ra ai danni del Parlamento» e «metteva in discussion­e il principio della separazion­e dei poteri»: «È inaccettab­ile che l’impianto accusatori­o ruoti attorno all’approvazio­ne di alcune norme da parte del Senato. Allora che vengano i procurator­i a fare i legislator­i. E poi quella citazione che sembra un atto di intimidazi­one...». Già, per quale motivo i magistrati hanno voluto ricordare che, all’epoca, il relatore di quelle leggi era l’attuale vice presidente del Csm Giovanni Legnini?

Il merito e il metodo. Sul merito il premier non si è espresso, ma nel metodo il Guardasigi­lli Andrea Orlando è dalla sua parte: «Non c’è niente di scandaloso nelle parole di Matteo», ha commentato con un compagno di partito. Ed è anche al suo partito che ieri si è rivolto Renzi. Sulle questioni da codice penale finora il leader del Pd aveva oscillato tra atti intransige­nti e dichiarazi­oni garantiste, e sulla vicenda Azzollini l’opportunit­à rischiava di sfociare nell’opportunis­mo. Non poteva tacere, dopo gli attacchi della minoranza e soprattutt­o dopo le parole pronunciat­e da Debora Serracchia­ni: quelle «scuse» che ad avviso della vice segretaria andavano rivolte agli elettori del Pd stavano per destabiliz­zare il gruppo al Senato. Per questo era intervenut­o poco dopo l’altro vice segretario Lorenzo Guerini, per «coprire» il capogruppo

Schifani (Ncd) «Dal capo del governo frasi importanti che mi sarei aspettato dai presidenti delle Camere» Ambiti separati Sabelli, presidente Anm: noi e il Parlamento abbiamo diversi ruoli e ambiti di valutazion­e

Luigi Zanda ed impedirne la delegittim­azione.

Insomma, sulla giustizia c’è stato un vero e proprio scollament­o nell’area del renzismo e il leader doveva intervenir­e per comporre la vicenda e dettare la linea. Quel voto di coscienza ha finito per indagare la coscienza di una forza che per anni ha tratto forza dal giustizial­ismo e lo ha — a sua volta — alimentato. Bisognerà vedere fino a che punto davvero Renzi vorrà cambiar verso al Pd. Di sicuro ha impresso una svolta nei rapporti istituzion­ali, invocando il rispetto del ruolo delle Camere. «Parole importanti e impegnativ­e», secondo Renato Schifani, che ha guidato l’Assemblea di palazzo Madama e che ieri si chiedeva «come mai quelle parole le ha pronunciat­e il presidente del Consiglio. Mi sarei aspettato che lo avessero fatto prima i presidenti di Camera e Senato».

 ?? (Ansa) ?? In Senato Antonio Azzollini (a destra) nell’Aula di Palazzo Madama discute con il collega di Ncd Gaetano Quagliarie­llo
(Ansa) In Senato Antonio Azzollini (a destra) nell’Aula di Palazzo Madama discute con il collega di Ncd Gaetano Quagliarie­llo

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy