Da Emiliano a de Magistris, il ritorno del Mezzogiorno (dove cova la rivolta fiscale)
Lo scenario mutato con i nuovi amministratori
in «perenne sottosviluppo», hanno finito per dare al Sud una consapevolezza unitaria che non aveva più (si parlava di più Sud, di meridioni al plurale) e che neanche l’appartenenza di tutti i governatori ad un unico partito aveva prodotto. Prova evidente che il Pd è parte del nuovo attivismo, ma non ne possiede l’esclusiva.
«La fotografia fatta dal Censis è quella di un disastro», urge un ministero ad hoc, dice la minoranza di Cuperlo e Speranza. Quella dialogante interviene invece con Dario Ginefra, primo firmatario di un documento di parlamentari pugliesi: «Governiamo in tutte le Regioni, non possiamo perdere questa occasione». Quasi un appello a Renzi a fare comunque qualcosa. Ma ecco gli esterni. Roberto Saviano, esagerando: «Ormai dal Sud vanno via anche le mafie». Il cardinale Sepe, con ancora più apprensione: «Caro Renzi, rottami tutto ma non la speranza del Sud». E infine il fronte istituzionale, che in quanto tale va al di là delle logiche di partito. «Scateniamo l’inferno del cambiamento» incita dalla Puglia il gladiatore Emiliano. E rivolto a De Luca: « Cosa aspettiamo a coordinare le Regioni del Sud? Io sono pronto. E tu?». Ma De Luca, prudentemente, per ora non risponde, non gradisce essere trascinato così di forza nella discussione. Renzi gli ha promesso 700 milioni per smaltire 4,5 milioni di ecoballe, ingombrante eredità dell’emergenza rifiuti. Meglio allora non tirare troppo la corda. Chi ne approfitta è invece Luigi de Magistris. Da sindaco di Napoli non solo tuona contro le troppe promesse mancate di Renzi, ma addirittura apre il fronte nuovo della rivolta fiscale in chiave sudista. «Le tasse che Napoli paga allo Stato restino a Napoli!», dice promettendo addirittura «una nuova resistenza». «Le somme incassate devono rimanere nei territori. Oggi vanno in
Le pensioni Sono calati gli investimenti di Roma, ma non i versamenti del Sud per le pensioni