LO SCENARIO DOPO L’ATTENTATO IN IRAQ
La strage al mercato di Bagdad e le mosse globali dei jihadisti
Hanno usato un camion-frigorifero identico alle decine di altri che ogni giorno portano cibo al mercato Jamela, nella zona sciita di Sadr City, a Bagdad. Ma al posto di carne e frutta c’era un carico d’esplosivo, preparato dai sabotatori dello Stato islamico. Alle 6 e 30 lo hanno fatto detonare tra la folla. Un massacro: quasi 80 le vittime, 150 i feriti. Corpi dilaniati e bruciati dal botto devastante, con i pompieri costretti ad usare gli idranti per spegnere il rogo. Un attacco rivendicato qualche ora dopo dai terroristi che hanno spiegato di aver punito i «deviazionisti», ossia gli odiati sciiti.
LA CAMPAGNA
L’Isis ha martellato con i veicoli bomba per tutto l’anno. In giugno il numero degli attacchi è diminuito, ma per motivi in apparenza tecnici: dovevano ricostruire le scorte di mezzi trappolati. E il 4 luglio hanno ricominciato. Il blog Musingoniraq ha contato 177 episodi fino al primo agosto. In 71 casi i terroristi sono riusciti nell’intento, in un altro centinaio i mezzi sono stati neutralizzati prima che potessero arrivare sui bersagli.
Hanno preso di mira installazioni militari, per piegare la resistenza nemica, ma hanno portato a termine anche molte operazioni puramente terroristiche, con la popolazione fatta a pezzi. Nella capitale gli attacchi hanno investito la parte sud e quella orientale, ma gli estremisti hanno insanguinato anche altre località, comprese alcune cittadine nella provincia di Diyala: 100 morti alla metà di luglio in una sola esplosione, altri 50 lunedì con un doppio colpo. Gli «artificieri» del movimento hanno pure aumentato le quantità d’esplosivo, tonnellate di materiale spesso sistemato
all’interno di cilindri.
LA POLEMICA
Il capo di Stato maggiore americano, Odierno, libero di parlare perché ormai in uscita, ha lanciato alcuni segnali forti. Primo: non ha escluso che un giorno l’Iraq sia ripartito in varie entità, con sciiti, sunniti e curdi. «Potrebbe essere una soluzione, anche se non credo sia già venuto il momento», ha affermato. Secondo: gli Usa potrebbero essere costretti ad inserire loro soldati nelle file irachene, pur senza avere un ruolo combattente. Questo per superare gli evidenti problemi dell’esercito locale. A Bagdad non hanno gradito. Il premier Abadi ha parlato di commento «irresponsabile». Il capo del governo ha comunque altro a cui pensare: l’instabilità attorno al suo esecutivo e la riconquista delle città sunnite finite nelle mani dello Stato islamico. L’offensiva affidata alle milizie segna il passo.
MOVIMENTI
Grandi manovre anche su altri fronti. A Nord di Aleppo l’Isis prova a guadagnare posizioni in un’area dove dovrebbe nascere la contrastata zona di sicurezza. Progetto sul quale Usa e Turchia continuano a rilasciare dichiarazioni opposte. Gli americani paiono estremamente cauti, anche perché i ribelli da loro addestrati e destinati a questo settore hanno subito una sconfitta per mano dei qaedisti di al Nusra. Rovescio che ha svelato la debolezza degli uomini scelti dagli Usa con grande fatica e dispendio di denaro (41 milioni di dollari).
Al QAEDA
Il leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, a lungo assente, si è rifatto vivo in un audio per annunciare la sua fedeltà al nuovo capo dei talebani, il mullah Mansour. Posizione che rafforza quest’ultimo — contestato da una parte del movimento — e in linea con il passato, poiché l’egiziano ha sempre riconosciuto l’autorità di Omar, anche quando ormai non era più in vita. Al tempo stesso Al Zawahiri fa fronte comune davanti alle manovre dell’Isis che prova ad allargare la sua presenza in questa regione. Segmento di una rivalità che oppone gli eredi di Osama al Califfo e legata a tensioni nella realtà jihadista, dalla Libia al Sahel. A questo proposito va segnalata — secondo il sito Site — la nascita di una nuova organizzazione denominata Al Qaeda dell’Africa Occidentale. È guidata dal famoso Mokhtar Belmokhtar, detto «il guercio», che unisce i suoi mujaheddin ad una parte dei Morabitun (un’altra segue invece il Califfato). La fazione ora agirebbe in modo autonomo da Al Qaeda nel Maghreb islamico. L’ultima scissione in una realtà piuttosto frammentata ma non per questo meno pericolosa. Belmokhtar ha sempre dimostrato insofferenza alle gerarchie e in questi ultimi anni ha accentuato la propria indipendenza.