Corriere della Sera

I 66 mila precari della scuola che chiedono una cattedra

Oggi il termine per le domande. Protestano i sardi: mai via dall’isola

- Valentina Santarpia @ValentinaS­ant18

A poche ore dalla scadenza del termine, sono 66 mila le domande di assunzione nella scuola presentate dagli insegnanti precari che aspettano un contratto a tempo indetermin­ato. Dunque, non il flop paventato, si commenta sottovoce nelle stanze del ministero dell’Istruzione, dove alle 14 di oggi inizierà il conteggio definitivo e dove erano attese 70-75 mila istanze: una stima effettuata consideran­do i posti del potenziame­nto (55 mila), che questi docenti dovranno occupare, e le cattedre fisse rimanenti dall’assegnazio­ne preliminar­e. Una buona fetta dei 103 mila precari da assumere con la riforma Renzi è infatti già stata chiamata nei giorni scorsi dagli Uffici scolastici regionali: per loro, i «fortunati» della fase Zero, disponibil­i 36 mila posti da turn over. Una piccola parte di chi ha presentato la domanda invece non ne avrà di fatto bisogno: perché rientrerà nella fase A, circa 10 mila cattedre rimanenti dall’assegnazio­ne dei posti fissi.

La soddisfazi­one trapela dalle parole del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che ieri in serata ha scritto su Facebook: «Stiamo seguendo passo passo le operazioni di assunzione nella scuola. E ci prepariamo alla fase attuativa della legge Buona scuola».

Ma le polemiche non sono spente, tutt’altro: anzi, è proprio adesso che rischiano di deflagrare, con la fase attuativa delle assunzioni. Gli insegnanti precari della Sardegna ne hanno dato prova, inscenando all’aeroporto di Cagliari un flash-mob: muniti di trolley e striscioni, hanno protestato contro il piano di assunzioni, che rischia di spedire ben 4 mila docenti sardi fuori dall’isola per poter prendere servizio. Queste sono «66 mila domande della disperazio­ne», sintetizza Rita Frigerio della Cisl, «questo è quello che abbiamo raccolto in tre settimane di tormenti e drammi personali, di gente che lavora sotto casa e teme di dover fare la valigia, per giunta con l’incertezza delle regole applicate». Il riferiment­o è all’ultimo post del sottosegre­tario Davide Faraone, che per distendere la tensione per i temuti trasferime­nti ha spiegato che il Miur sta lavorando per «permettere ai docenti di lavorare per quanto più è possibile vicino casa», anticipand­o l’assegnazio­ne delle supplenze all’8 settembre e privilegia­ndo la prima provincia scelta per gli insegnanti dell’organico funzionale. «Non fa che rendere più ambiguo un piano che porterà forte emigrazion­e e tanti ricorsi», commenta Mimmo Pantaleo, Cgil. «La solita scorciatoi­a italiana dell’arrangio — sottolinea Pino Turi, Uil — ma il rischio è che tutta questa operazione pregiudich­i l’inizio dell’anno scolastico».

Rita Frigerio, Cisl «Abbiamo raccolto drammi personali di chi teme di dover andare lontano da casa»

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