Markov parla di politici italiani «Avevo in agenda degli incontri»
Genova, resta in cella l’ucraino arrestato: «Se mi estradate la mia vita è a rischio»
Abile è abile. L’ingegnere navale e uomo d’affari Igor Markov alla domanda potenzialmente scivolosa della Corte d’Appello di Genova che gli chiedeva di quale nazionalità fosse, lui che ha due passaporti uno ucraino e uno russo, ha risposto: «Sono slavo». Come presunto patriota in esilio avrebbe dovuto dichiararsi ucraino ma la cittadinanza russa in questo frangente potrebbe essere più vantaggiosa. Quindi «slavo». Quando è stato arrestato mercoledì all’alba a Sanremo all’Hotel de Paris, in esecuzione di un mandato di cattura internazionale spiccato su richiesta dell’Ucraina, l’ex deputato di Kiev e amico di Putin ha telefonato all’ambasciata russa cercando appoggio. Ieri all’udienza di convalida dell’arresto si è presentato tranquillo, pantaloni e scarpe bianche, t-shirt bicolore, e ha chiesto al presidente della Corte il permesso di parlare con i giornalisti: «Sta scherzando? — ha risposto il magistrato —. Lei è un detenuto».
Markov è uno dei leader dell’opposizione al governo di Poroshenko, era riparato a Mosca, città che ha lasciato pochi giorni fa per arrivare in Italia perché — ha detto alla Corte — doveva «incontrare politici italiani» favorevoli alla causa. Quali? Niente nomi: «Dovevo fare telefonate ai miei contatti e prendere appuntamenti». Voci indicavano ambienti milanesi filorussi come l’associazione LombardiaRussia di cui fa parte Gianluca Savoini. Il giudice ha insistito, Markov ha tergiversato. Un rischio questo viaggio in Italia, perché esporsi? «Da quando ho lasciato Kiev — ha spiegato — ho viaggiato molto in Europa, sono stato in Grecia, in Svizzera... non è mai successo niente. Voi non capite, in Ucraina c’è una guerra civile. Infatti mi arrestano proprio adesso, dieci giorni dopo la costituzione del nostro Comitato per la salvezza dell’Ucraina che raccoglie gli esuli ucraini. Il mandato d’arresto di Kiev è di febbraio e da allora viaggiavo indisturbato. Perché proprio ora? Perché vogliono distruggere il Comitato».
Alla domanda se accetta l’estradizione Markov, assistito dall’avvocato Enrico Scopesi, risponde di opporsi: «Sono un perseguitato politico e se tornassi a Kiev dovrei temere per la mia incolumità». Parla del suo arresto del 2013 per gli stessi fatti contestati adesso, disordini a una manifestazione nel 2007 a Odessa: «A ogni cambio di governo o di politica è cambiata la mia posizione, a seconda di chi comandava io ero deputato o uno da arrestare. Non è vero che sono in libertà condizionata, dopo l’arresto del 2013 sono stato liberato e sono tornato deputato». Per finire nuovamente oggetto di un mandato di arresto per quel pugno che avrebbe sferrato a un parlamentare di estrema destra. Gli ucraini lo accusano di «hooliganism» che per ora è stato tradotto come «danneggiamento» ma nella zuffa sarebbero rimaste contuse 8 persone, gli sarebbero quindi contestate anche lesioni. Con che prove si saprà quando, entro 40 giorni, arriveranno da Kiev altre carte.
Chi è già arrivato nell’ufficio del sostituto procuratore generale Enrico Zucca, che sostiene l’accusa, è il console ucraino, accompagnato dal suo vice e da due deputati, Andrij Lozovyi e Igor Mosiychuk, preoccupati — spiegano — delle «possibili pressioni dei russi». Il governo ucraino — annunciano — si costituirà parte attiva nell’udienza per l’estradizione perché Markov lo vogliono a Kiev. Dove lo attendono altre più pesanti accuse, dal traffico di rifiuti alle estorsioni, un fascicolo che si ingrossa sempre di più ma che non entra in questa partita italiana. Partita che potrebbe avere un esito scontato, l’estradizione, con la sola incognita della avvenuta prescrizione dei reati se non fosse per il ruolo che la politica potrebbe giocare più o meno apertamente. L’ultima parola spetta al ministero di Giustizia. Markov resta in cella ma il suo avvocato presenterà richiesta per i domiciliari. In tribunale Il filorusso Igor Markov ( accompagnato ieri al Palazzo di Giustizia di Genova