ORMAI NON SI PUÒ SPRECARE ALTRO TEMPO
Matteo Renzi ci ha provato con gli 80 euro che gli hanno dato un elevato dividendo politico ma purtroppo non si sono trasferiti ai consumi. I contribuenti li hanno usati per pagare altre tasse e quando ci sono riusciti li hanno messi sul conto corrente. Palazzo Chigi ci ha riprovato con il Jobs act e la decontribuzione delle nuove assunzioni e anche in questo caso il cavallo ha bevuto solo in parte, il mercato del lavoro non è ripartito come avrebbe dovuto e per ora ci si è limitati a stabilizzare una fetta di precariato. Nelle stesse condizioni non è affatto certo che molti dei feroci critici di Renzi avrebbero fatto meglio. Detto tutto questo però stiamo rischiando di sprecare il 2015 senza aver riavviato il motore e rimandando l’appuntamento di anno in anno. È vero che a scorrere i dati della rilevazione di ieri sul Pil anche i nostri partner europei non se la passano bene. In qualche caso, come la Francia, vengono in superficie malattie più gravi della semplice defaillance di un dato congiunturale. Mal comune però non fa mezzo gaudio perché abbiamo imparato da tempo che le altre economie sono più rapide a risalire — vedi la Spagna — e noi siamo dei pachidermi. È chiaro comunque che tutto il Vecchio Continente paga i ritardi di una politica comunitaria inconcludente e di un’agenda monopolizzata dal rischioGrexit. Del piano Juncker che doveva rinverdire i fasti intellettuali di Jacques Delors e segnare la discontinuità dalla legislatura affidata a Barroso si sa tutto sommato ancora troppo poco. E comunque non pare il jolly capace di ribaltare l’andamento della partita.
In attesa di novità dalla Ue, però, che dobbiamo fare in Italia? Leggendo i commenti di ieri si ha l’impressione che il Pil sia utilizzato, da una parte e dall’altra, per un referendum su Renzi. È scontato dirlo ma sarebbe meglio concentrarsi sulle cose da fare: il governo sta già lavorando alla legge di Stabilità che prevede un allentamento della pressione fiscale sulla casa. Si pensa per questa via di liberare risorse che potrebbero tornare ai consumi e di far saltare il blocco psicologico che finora ha sterilizzato fiducia e aspettative. Vedremo. Guai però a pensare che tutte le leve dell’economia reale si possano azionare da Palazzo Chigi. I comportamenti dei soggetti in campo sono decisivi anch’essi e sindacati e imprese non si possono limitare a compilare la pagella del governo. Ci sono compiti d’autunno anche per loro. Perché la Confindustria non sceglie risolutamente la strada della Borsa e non indica alle imprese la priorità della crescita dimensionale come strumento per cogliere le opportunità di mercato a dimostrazione del coraggio degli imprenditori? E i sindacati perché non propongono a una base stanca e ripiegata su se stessa il duplice obiettivo dell’unità tra le confederazioni e della riforma della contrattazione? È indimostrabile che l’adrenalina faccia salire il Pil ma è sicuro il contrario: il tran tran favorisce la stagnazione.