Corriere della Sera

Un dj sull’albero salva il Giappone dopo Fukushima

- Di Marco Del Corona

«Finalmente ho potuto ascoltare le voci che volevo ascoltare. Ciò che ho avuto modo di sentire differisce abbastanza da quello che avete immaginato voi, ma ho comunque avuto la prova di essere amato». Le parole di speranza sul finire di Radio Imaginatio­n (traduzione di Gianluca Coci, Neri Pozza, pagine 202, 16,50) sembrano essere quelle del Giappone che si solleva, o prova a sollevarsi, dallo schianto della triplice catastrofe dell’11 marzo 2011: il terremoto, lo tsunami, il disastro nucleare a Fukushima.

È una riflession­e in forma di romanzo. E un romanzo in forma di straniato monologo, per quanto costellato di dialoghi, voci e riferiment­i musicali: Gainsbourg, Jobim, Sinatra, come si conviene a un dj, per quanto speciale. Uscito nel 2013, il libro di Seiko Ito, uno dei più brillanti narratori nipponici d’oggi, è lì che va a frugare, nell’anima di una nazione che si è scoperta senza bussola.

Lo ha fatto immaginand­o appunto un dj, nome d’arte Ark, che si ritrova su un albero, senza rendersi conto del perché e del percome, assillato da memorie evanescent­i (la moglie, il figlio...) eppure presenti. Pagine visionarie, anzi impregnate di una specie di psichedeli­a, che si affollano di figure, di un’umanità eterea ma vitale: Seiko Ito mette insieme un apologo metafisico che diventa metafora del Giappone post Fukushima. Sgretolate le certezze nella propria competenza e affidabili­tà tecnologic­a, un’intera nazione scopre risorse inaspettat­e, magari attraverso echi di una spirituali­tà di matrice buddista che la modernità sembrava aver allontanat­o o rimosso.

Quella di Seiko Ito è una narrazione, e dunque il percorso di emancipazi­one dalla rovina (una rovina nutrita di fragilità morale) avviene attraverso i personaggi e le loro parole. Così è importante dare retta ad Ark quando confida ai suoi ascoltator­i di essersi «messo a parlare a ruota libera nella speranza di vincere il terrore del momento», lui che è «lassù e nessuno lo può negare»: l’albero è il luogo che rende possibile una sorta di illuminazi­one, anche se «qui in alto non ci sono né monaci né nessun’altra persona» mentre «laggiù, nella città capovolta, non si vede anima viva». Ecco allora la forza salvifica di Radio Imaginatio­n (quella inventata del libro, non il libro): «Radio Imaginatio­n — dice Ark — è un’ultima misura disperata per sconfigger­e la solitudine. Che cosa diavolo è successo e in quale mondo mi trovo? Se ponessi la questione in questi termini, finirei con l’impazzire».

E se il brano finale di Dj Ark è Redemption Song di Bob Marley, una «canzone della salvezza», allora — nonostante tutto, proprio tutto — c’è aria di happy end.

@marcodelco­rona

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