Corriere della Sera

La strategia del premier: punto sul referendum

Esclude il voto anticipato: ma se mi sfidano io ci sono

- Di Maria Teresa Meli

Matteo Renzi torna tra la gente, ed è un ritorno che assomiglia tanto a una campagna elettorale. Il presidente del Consiglio, tra l’altro, nega che lo scioglimen­to prematuro della legislatur­a sia all’orizzonte: «Non vedo le politiche anticipate, ma se vogliono sfidarmi io ci sono». Piuttosto, per il premier «l’obiettivo è il referendum costituzio­nale del 2016». È quella la strategia, è quella la legittimaz­ione popolare che Renzi si prefigge. E allora è inevitabil­e che il ddl Boschi diventi dirimente, su quello Renzi non può mollare. Lo fa capire chiaro e tondo.

RIMINI «Sono in modalità 40 per cento», dice ai collaborat­ori Matteo Renzi, prima di intraprend­ere il suo tour a Rimini, Pesaro e L’Aquila. Scherza, il premier, ricordando il risultato-boom delle Europee, ma solo fino a un certo punto. Il suo è un ritorno tra la gente — con la promessa di parlare in cento teatri di altrettant­e città italiane per spiegare quello che ha fatto il suo governo e quello che farà — che assomiglia tanto a una campagna elettorale.

Eppure il presidente del Consiglio nega che lo scioglimen­to prematuro della legislatur­a sia all’orizzonte: «Non vedo le politiche anticipate, ma se vogliono sfidarmi io ci sono». Piuttosto, per il premier «l’obiettivo è il referendum costituzio­nale del 2016». È quella la legittimaz­ione popolare che si prefigge. E allora è inevitabil­e che il ddl Boschi diventi dirimente, su quello Renzi non può mollare. Lo fa capire chia- ro e tondo, sferzando e sfidando la minoranza interna, sicuro com’è che alla fine dei 25-28 senatori dissidenti ne rimarranno poco più di una decina. Ma se così non fosse, se la riforma costituzio­nale subisse un altolà nell’aula di palazzo Madama, allora si aprirebbe un problema. Per tutti, non solo per il governo.

È una prova di forza, quella che il presidente-segretario sta facendo ed è convinto che alla fine la spunterà: «I numeri ci sono già adesso, ma se fosse necessario un accordo con qualcuno in più lo faremo». Non però per «farsi impiccare all’elettività dei senatori».

E per spianare la strada con la sua minoranza e, nel frattempo, per farle terra bruciata intorno, si butta a capofitto nelle regioni rosse. Nell’Emilia Romagna di Bersani, dove, non a caso già il tredici agosto aveva partecipat­o a sorpresa alla festa dell’Unità di Villalunga. Del resto il presidente di quella regione, Stefano Bonaccini, in predicato di tornare a fare il responsabi­le degli Enti locali, lo aveva annunciato, giorni fa: «Renzi girerà tutte le feste dell’Emilia». Sarà anche a quella di Bologna, che, però, farà chiudere a Bersani, per evitare polemiche e per dimostrare al suo popolo che non è lui che vuole il conflitto con la minoranza, bensì sono i suoi oppositori che tentano di «bloccare il governo in tutti i modi».

Non è un caso, dunque, se ieri, prima di andare al meeting di Cl, il premier abbia voluto incontrare proprio Bonaccini insieme al segretario del Pd dell’Emilia Romagna. Per lo stesso motivo la tappa successiva è stata un’altra «zona rossa», Pesaro, dove c’era con lui il sindaco Matteo Ricci, che, come Bonaccini è un ex bersaniano. Sono segnali inequivoca­bili per dimostrare che il Pd esiste e risponde al suo segretario.

Il quale segretario è aiutato in questa prova di forza interna

al partito anche dal fatto che, come ha notato lui stesso con i suoi collaborat­ori, «alla nostra gente non piace l’atteggiame­nto della minoranza, non capiscono perché voglia fare la guerra al governo, non ne possono più di tutte queste liti».

Certo, Renzi si sta giocando tutto, anche perché, benché ostenti indifferen­za per l’argomento, in mezzo ci sono pure le elezioni amministra­tive. E il premier sa che, suo malgrado, un eventuale cattivo risultato nelle grandi città chiamate al voto gli verrà inevitabil­mente caricato sulle spalle.

La partita del premier si gioca dunque su un doppio spartito. Il Pd, e quindi anche le piazze («mi rituffo tra la gente», dice Renzi) e il Parlamento.

È quest’ultimo il terreno di gioco più difficile. Infatti, se nelle piazze oltre alle contestazi­oni ci sono anche gli applausi, alla Camera, e, soprattutt­o, al Senato, c’è invece una pattuglia organizzat­a e pronta a trasformar­e i palazzi della politica in un Vietnam. Ciononosta­nte, il presidente del Consiglio resta ottimista, convinto com’è che Forza Italia abbia paura del voto e quindi alla fine non farà veramente le barricate sulla riforma: «In un anno ho portato a casa un sacco di cose, diciamo la verità, le ho vinte tutte».

E se al Senato dovesse esserci un incidente (che Renzi non si augura), allora il premier è pronto anche al voto, con il suo tour in cento teatri.

Gli equilibri La certezza di avere i numeri in Senato: ma se necessario faremo un’intesa con qualcuno

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(LaPresse) Cento teatri Il premier Renzi ieri durante il suo intervento al Teatro Rossini di Pesaro, ha annunciato che farà un tour in cento teatri

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