Corriere della Sera

Quelle notti nell’ombra tra i piccoli in vendita sulle spiagge dei Caraibi

Fu il suo diacono, finito in carcere, a denunciarl­o

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contro la pedofilia il colpo più forte del suo ancor breve papato, proseguend­o la strada intrapresa con coraggio da Ratzinger: nessuno sconto, nessuna tutela, massima collaboraz­ione con gli uffici giudiziari degli altri Paesi sulle piste di monsignore. Ridotto allo stato laicale, Jozef aveva proposto appello, ma accanto al processo canonico s’era trovato addosso il processo penale, esito ultimo di due commission­i Onu che avevano indagato su di lui. Soffriva di cuore, un malore alla prima udienza l’aveva collocato in un limbo d’attesa. Dormiva in piazza Santa Marta, a pochi metri dal Pontefice che aveva messo un punto a quella sua storia di cui tutti sapevano a Santo Domingo. Il prete che s’era perduto e il prete che, fermandone la corsa folle, stava in fondo provando a salvarlo.

Dicono che, prima di mandare il fido Francisco a reclutarle, osservasse le sue piccole prede da una terrazza di un ristorante sul Malecòn: sosteneva di « aiutare i minori a rischio», ma i dominicani l’avevano capito, erano addestrati a riconoscer­e quelli come lui. È andata così per decenni. La differenza, Polacco Jozef Wesolowski, già nunzio apostolico della Repubblica Dominicana, era stato ordinato sacerdote nel 1972 da Wojtyla da qualche anno, sta nell’atteggiame­nto della Chiesa.

Sicché la caduta rovinosa di Jozef Wesolowski assume anche il sapore di un parziale risarcimen­to per il tempo quasi infinito del grande buio. Quegli anni in cui il fondatore dei Legionari di Cristo, Maciel Degollado, messo sotto processo proprio per volere dell’allora cardinale Ratzinger, godette di formidabil­i protezioni e coperture, nonostante pile di fascicoli contro di lui. Quegli anni, era il 2002, nei quali la Chiesa americana fu scossa dallo scandalo della pedofilia con decine di preti coinvolti e richieste di risarcimen­to per oltre cento milioni di dollari che portarono alla bancarotta la diocesi di Boston. A capo di quella diocesi c’era il cardinale Bernard Law, che si sognava primo Papa americano. Non andò così, la sua ascesa al soglio di Pietro fu fermata da un inarrestab­ile effetto domino, quando emersero tutte le coperture che per decenni Law aveva offerto a preti più volte denunciati da

Fermezza Il suo caso è diventato il simbolo della nuova fermezza della Chiesa nel denunciare gli abusi

bambini e famiglie, limitandos­i a spostarli qua e là, sempre a contatto con nuove vittime. Law fu solo trasferito da Papa Wojtyla: arciprete di Santa Maria Maggiore, a Roma. Per misericord­ia cristiana, certo. Ma, forse, anche perché il Papa santo diffidava sin da ragazzo di un certo tipo d’accuse che, nei regimi comunisti, venivano usate assai spesso per stroncare i sacerdoti scomodi e coraggiosi.

In America, tuttavia, andò diversamen­te. Uno dei bambini di Boston si chiamava Phil Saviano: il prete che lo violentava era anche il suo confessore, sicché Phil, undicenne, non sapendo bene come confessars­i, usava sempre la stessa formula: «Ho risposto male a mia madre, ho pestato mio fratello e... tu sai il resto». Phil, e tanti bambini come lui, hanno poi trascorso la vita a lottare contro depression­e e incubi: come capiterà negli anni a venire alle piccole vittime di monsignor Wesolowski. Ma Phil è anche tra quelli che hanno avuto il coraggio di raccontare, di liberarsi. Dalla storia sua e dei troppi come lui è nato un film, Spotlight, che significa «riflettori»: un faro sulla verità. Perché alla fine, sì, davvero solo la verità può liberarci. E, ce ne fosse stato il tempo, avrebbe forse liberato persino Jozef da un mostro chiamato Giuseppe.

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