Riassetto Saipem, spunta l’ipotesi di una scissione
( f. ta.) Spunta una soluzione al caso Saipem ( nella foto, l’amministratore delegato Stefano Cao), con un progetto che prevede la scissione della partecipazione di controllo dell’Eni suddividendo i titoli della società tra gli azionisti del gruppo petrolifero. L’Eni ha in portafoglio il 43 per cento circa del capitale di Saipem e, a sua volta, ha come soci di riferimento Cassa depositi e prestiti (la Cdp) con quasi il 26 per cento e direttamente il ministero dell’Economia e delle Finanze con poco più del 4,3 percento. Questo significa che, se l’operazione andasse in porto, la Cdp diventerebbe l’azionista più rilevante di Saipem con oltre l’11 per cento, a cui si sommerebbe un altro 1,8 per cento circa del ministero dell’Economia. La scissione permetterebbe di risolvere in un colpo solo buona parte delle esigenze dei protagonisti, anche se è facile prevedere l’opposizione dei fondi internazionali azionisti di Saipem. L’Eni raggiungerebbe l’obiettivo di deconsolidare Saipem, che è appesantita da oltre 4,4 miliardi d’indebitamento netto e necessita di un forte aumento di capitale. La Presidenza del consiglio, come ha fatto sapere con chiarezza alle parti in causa, otterrebbe il risultato di mantenere in Italia il controllo della società che, nonostante le recenti disavventure, resta un punto di forza dell’industria nazionale, ai primi posti sui mercati di tutto il mondo nelle infrastrutture petrolifere. La Cdp, direttamente o tramite il Fondo strategico italiano, manterrebbe la disponibilità data al governo di rilevare Saipem e lo potrebbe fare senza pagare cash, con grande sollievo dei nuovi vertici perché, nonostante le dimensioni, il gruppo deve fare i conti con risorse limitate e ha in programma iniziative importanti nelle telecomunicazioni e nelle grandi infrastrutture. Saipem, infine, avrebbe un assetto azionario che consentirebbe di rafforzare la società, anche con un aumento di capitale.