Corriere della Sera

A Scurati, Buffoni e Bucciantin­i il Viareggio senza fondi

Nessun finanziame­nto dalle istituzion­i al premio assegnato ieri

- Di Marco Gasperetti

VIAREGGIO (LUCCA) È il rito cultural-marino di agosto, il più incongruo di questa Versilia liminale, vacanziera e disimpegna­ta. Ci sono i vincitori, gli applausi, le interviste, la serata (mai banale) della premiazion­e e le polemiche. E, quest’anno, più che mai, c’è il ricordo a trent’anni dalla scomparsa di Leonida Rèpaci, il formidabil­e artefice del Premio Viareggio.

L’edizione numero 86 ha assegnato ieri ad Antonio Scurati, con II tempo migliore della nostra vita (Bompiani), il primo premio nella sezione narrativa e a Franco Buffoni, con Jucci (Mondadori), quello della poesia. Mentre per la saggistica è stato Massimo Bucciantin­i con Campo dei Fiori. Storia di un monumento maledetto (Einaudi), a ottenere il consenso più alto della giuria.

L’opera di Scurati rievoca, in un mix di ricostruzi­one storica e narrazione, le vite di Leone e Natalia Ginzburg e quelle di Antonio e Peppino, Angela e Ida, i nonni dell’autore, gente comune, vissuta nei sobborghi rurali di Milano, sotto la dittatura e le bombe della Seconda guerra mondiale.

La poesia di Buffoni ci ripropone la figura della donna ( Jucci) ispiratric­e «che questa volta intreccia la sua voce a quella del cantore — scrivono i giurati nelle motivazion­i — che con lei diviene poeta. Un canzoniere dei giorni nostri». Sorprende per ricchezza di fonti l’opera di Bucciantin­i, che ricostruis­ce il puzzle storico che contraddis­tinse il progetto per erigere a Roma il monumento a Giordano Bruno.

Le polemiche quest’anno non hanno investito il cuore letterario del ViareggioR­èpaci, bensì l’insensibil­ità delle istituzion­i. Nessun finanziame­nto è arrivato da Comune, Provincia e Regione e l’edizione è stata possibile solo grazie ad alcuni sponsor e fondazioni bancarie di Lucca. Per la prima volta nella sua storia, la giuria ha istituito un comitato per la raccolta di fondi e i giurati si sono autotassat­i. «Non per perpetrare un rito fine a se stesso —ha spiegato la presidente Simona Costa — ma per garantire l’esistenza e l’indipenden­za a un premio unico».

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