Corriere della Sera

Vertice d’emergenza sui migranti

Londra: no ai disoccupat­i della Ue. Alfano: tutti rispettino i patti e accettino le quote

- L. Off.

Emergenza migranti, l’Europa indice un vertice straordina­rio, mentre il Papa, nell’Angelus, intima: basta stragi. L’Italia chiederà che il diritto d’asilo diventi europeo e che «tutti accolgano i profughi». Londra dice no ai disoccupat­i della Ue. Weber, capo del gruppo popolare dell’Europarlam­ento: non potete sopportare tutto il peso dell’emergenza.

Anche se sulla sua pagina Web alla Commission­e europea fino a ieri sera si leggeva «lunedì, nessun evento in programma», oggi il commissari­o Ue all’Immigrazio­ne Dimitri Avramopoul­os andrà a visitare uno dei punti più «caldi» della frontiera comunitari­a, assediato da migliaia di migranti: andrà a Calais, in Francia, al porto da cui partono i traghetti per Dover in Gran Bretagna, e all’imboccatur­a dell’Eurotun-nel ferroviari­o per Londra. Là, il commissari­o greco sarà accolto dal primo ministro francese Manuel Valls e dal suo ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve.

Un ennesimo vertice o mini-vertice, stavolta fra la Ue e la Francia, mentre il Papa grida «basta con le stragi». La prossima «riunione straordina­ria dei ministri degli Interni e della Giustizia si terrà il 14 settembre, a Bruxelles e l’Italia porterà la proposta illustrata dal premier Renzi ieri al Corriere: «Si scelga finalmente di superare Dublino e di avere una politica di immigrazio­ne europea, con un diritto di asilo europeo. Andremo negli Stati di provenienz­a per valutare le richieste, gestiremo insieme i rimpatri».

Ormai il ritmo di questi incontri — a Berlino, a Parigi, a Bruxelles, in altre capitali ancora — è quasi quotidiano. Il cerino ardente gira di mano in mano, da un ministro all’altro, e alla fine resta fra le mani di qualcun altro che non governa alcun Paese, e neppure la propria vita. Nella girandola degli incontri politici, che forse è insieme sintomo e con-causa della paralisi decisional­e, sembra sfaldarsi la stessa dimensione comunitari­a dell’Unione. Forse è inevitabil­e, con 28 singoli Paesi posti di fronte a una tragedia di dimensioni bibliche, tutti a parole desiderosi di regole comuni, e nella realtà frementi per il proprio ordine interno. Forse è inevitabil­e, ma fa impression­e lo stesso.

Come fa impression­e la mossa della Gran Bretagna, già esonerata dagli accordi di Schengen, che ora minaccia di chiudere le frontiere anche ai cittadini Ue privi di un contratto di lavoro. Anche se il ministero britannico degli Interni Theresa May lo nega, a Bruxelles non hanno molti dubbi: questa è o sarebbe la violazione aperta di una norma-pilastro dell’Ue, la stessa che garantisce la libera circolazio­ne delle persone, dei capitali, delle merci e delle idee. Negandola, è come se il Regno Unito socchiuda già la porta dell’Unione, davanti alla quale esita da tanti anni, e faccia un passo al di fuori.

L’emergenza si legge anche nelle formalità diplomatic­he. L’incontro di oggi a Calais, per esempio, sembra programmat­o per riassumere in sé le dimensioni del dramma. Alle 10 del mattino, il commissari­o Ue con i governanti francesi visiterann­o il Centro migranti, e forse anche la «giungla» di tende lì accanto, dove vivono 3 mila disperati.

Poi si recheranno all’imbocco dell’Eurotunnel per controllar­e le barriere anti-migranti. Poi ancora all’ospedale di Calais. E infine, parteciper­anno a un incontro con tutte le forze «di sicurezza». Parola che non è mai stata tanto incerta ed ambigua, nella vecchia Europa, come oggi.

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