«Noi popolari d’accordo con Renzi: più solidarietà per superare Dublino»
Parla Manfred Weber, presidente del gruppo popolare all’Europarlamento
Sull’immigrazione serve «una soluzione comune» per tutta la Ue, l’Italia o la Germania non possono sopportare da sole la gran parte del peso. È quanto dice Manfred Weber, bavarese, presidente del gruppo del Partito popolare europeo all’Europarlamento, e uno dei consiglieri più vicini ad Angela Merkel, commentando l’intervista di Matteo Renzi al Corriere della Sera.
Secondo il premier italiano, l’Ue deve scegliere «finalmente di superare Dublino e di avere una politica di immigrazione europea, con un diritto d’asilo europeo». Che cosa ne pensa?
«Il gruppo del Ppe è favorevole a sviluppare ulteriormente le regole di Dublino. Oggi solo pochi Paesi, fra cui l’Italia, la Germania o la Svezia, portano la maggior parte del peso dei rifugiati. E dato il massiccio flusso di migranti che dobbiamo affrontare, tutto ciò deve urgentemente cambiare». Come? « Abbiamo bisogno di un chiaro meccanismo di solidarietà fra gli Stati Ue, per la distribuzione di chi cerca asilo. Questo meccanismo dovrebbe tenere anche in conto le dimensioni del Paese, la forza della sua economia, e quanti rifugiati questo Paese abbia già accolto. I flussi migratori non sono un problema solo per qualche Stato: ma per l’Europa nel suo insieme, e il solo modo per risolverlo è trovare insieme una soluzione europea».
«L’Europa deve smettere di commuoversi e iniziare a muoversi», dice ancora Renzi. Condivide?
«Abbiamo continuato a vedere fin troppo a lungo le stesse immagini insopportabili di migranti disperati, vittime di trafficanti di uomini. Questo deve finire. Più azioni sono necessarie per prevenire nuove tragedie e trovare una via commune per fronteggiare questa sfida eccezionale. Finora, hanno prevalso soprattutto gli egoismi nazionali. Questa attitudine crea solo nuovi problemi, senza risolverne nessuno». E allora? «E allora l’Europa è il continente dell’umanità. Dobbiamo aiutare quelle persone le cui vite sono davvero a rischio nei loro Paesi d’origine. Ma in realtà, due terzi dei richiedenti asilo nella Ue non vengono da zone di guerra o guerra civile. È nostro dovere aiutare là dove dobbiamo aiutare. Ma quei migranti che cercano di venire nell’Ue per ragioni economiche e ai quali viene negato l’asilo, dovrebbero essere rimandati indietro ai loro Paesi. Ciò deve essere fatto rapidamente e consistentemente».
Renzi propone che autorità Ue si rechino nei Paesi originari dei migranti, e controllino preventivamente le richieste di asilo, gestendo anche i rimpatri con quegli stessi Paesi. È un’opzione praticabile?
«Noi siamo aperti a questi centri di ricezione, per esempio in Africa ma anche ai confini esterni della Ue, negli Stati Ue. Servirebbero a creare vie sicure verso l’Europa per i perseguitati. Ma anche a combattere meglio gli sporchi affari dei trafficanti».
E l’opzione militare? Colpire trafficanti e terroristi in Siria o in Libia?
«La Commissione europea ha presentato un solido piano per la lotta ai trafficanti. Tutte le opzioni, anche quelle militari, sono sul tavolo. Appelli e annunci forti non basteranno a impressionare le organizzazioni criminali. Queste vanno combattute con ogni mezzo legale. Quando vengono scoperte le barche che i trafficanti vogliono usare, dovrebbero essere distrutte. Tuttavia l’invio di truppe di terra in Africa non è per ora immaginabile».
Lei è anche un cittadino tedesco, oltre che un leader del Ppe. Angela Merkel ha aperto le porte ai profughi siriani: un esempio per altri Paesi?
«L’economia tedesca è forte, e consente alla Germania un importante contributo per aiutare i rifugiati. E il consenso presente fra tutte le forze politiche rilevanti è una buona cosa. Tocca a ogni Stato Ue decidere da sé, se vuole agire come la Germania oppure no. Ciò che veramente importa è che tutti i Paesi dimostrino solidarietà e facciano la loro parte. Un sistema su base soltanto volontaria, com’è oggi, non basta».
Siamo aperti ai centri di ricezione, in Africa ma anche ai confini esterni della Ue
Dobbiamo aiutare quelle persone che sono davvero a rischio nei loro Paesi d’origine