Corriere della Sera

La partita italiana nel Mediterran­eo: perché la scoperta può portare stabilità

Un aiuto per il Paese e il duro Al Sisi. Ma ora Roma ha una carta in più

- di Maurizio Caprara

La scoperta del giacimento egiziano di gas individuat­o attraverso il pozzo Zohr, presentata dall’Eni come «la più grande» effettuata nel Mediterran­eo, ci ricorda che questo mare non è soltanto barconi e naufragi di profughi e povera gente, focolai di incendi potenziali o in corso e altri fenomeni dolorosi. Si tratta di una verità semplice che però spesso dimentichi­amo, magari pur avendo fatto il bagno in acque mediterran­ee fino a poco prima. Il corso della storia è dovuto a numerosi fattori, neppure tutti prevedibil­i. Ma uno dei tanti, e non irrilevant­e, è l’azione dell’uomo. Allora non è male rammentare che quanto ieri ha rivendicat­o l’Eni si colloca sulla scia dell’ingegno, della capacità di osare e della volontà di superare storici limiti nazionali dimostrati nel nostro dopoguerra da Enrico Mattei, capace di rendere se stesso, l’azienda italiana nelle sue mani e l’Italia un «petroliere senza petrolio».

Fu prima in Egitto e poi in Iran che il presidente dell’Ente nazionale idrocarbur­i Mattei delineò, negli anni Cinquanta, la sua formula contrattua­le imperniata sul far ricevere ai Paesi in via di sviluppo dotati di giacimenti di greggio ben più del 50% dei proventi assegnato a quegli Stati dalle compagnie petrolifer­e di potenze uscite vittoriose dalla Seconda guerra mondiale: le statuniten­si, le britannich­e, le francesi.

Fu una chiave, oggi si direbbe una password, per far avere all’Italia più benessere e, sulla scena mondiale, un ruolo meno marginale dell’angolo riservatol­e dalla sconfitta nella guerra terminata nel 1945, conflitto che Mattei, comandante partigiano, aveva combattuto dalla parte opposta rispetto a quella nella quale Mussolini aveva infilato il Paese.

Anche oggi il Mediterran­eo è alle prese con cambiament­i storici. La notizia della scoperta italiana può essere considerat­a una metafora che ci riguarda: poveri di greggio e metalli, ma ricchi di storia e spesso di ingegno, siamo un Paese che dal punto di vista economico non essendo dotatissim­o di risorse, di hardware, deve affinare sempre più la sua produzione di software, di tecniche, capacità di saper fare. La sfida che ci si presenta davanti — rischiosa, dal risultato non scontato — è adesso di far seguire dal punto di vista politico altre scoperte di Zohr: innanzitut­to contribuir­e a mettere pace e stabilità laddove manca da quando alle «primavere arabe» del 2011 sono seguiti esiti sanguinosi e destabiliz­zanti.

Con la sua popolazion­e di oltre 90 milioni di abitanti e i suoi territori estesi, l’Egitto è oggi un colosso che non conviene traballi o cada in mani anti-occidental­i. Si trova tra la Libia (con la quale ha 1.115 chilometri di frontiera) percorsa da una guerra per bande e Israele (208 chilometri) che vede la propria sicurezza potenzialm­ente insidiata da un autoprocla­mato Califfato in grado di controllar­e parti di Siria e Iraq.

La metafora Siamo un Paese povero di risorse, ma ricco di storia e, spesso, di ingegno Anche Mattei negli anni Cinquanta iniziò dall’Egitto per attuare le sue idee

Se dal gas scoperto dall’Eni l’Egitto riceverà presto una quota dell’energia della quale ha bisogno per far fronte a un incremento demografic­o che accresce la domanda di elettricit­à e acqua, questo potrà essere un contributo alla sua stabilità.

Attualment­e ciò significa un aiuto al presidente Abdul Fattah al Sisi, uomo di formazione militare, tutt’altro che tenero, ferreo e non certo liberale nella sua cruda repression­e dei Fratelli musulmani. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi il 2 agosto 2014 fu il primo capo di governo dell’Unione europea a incontrarl­o dopo l’insediamen­to.

Al Sisi ha ricambiato nel novembre scorso scegliendo Roma come sua prima tappa di viaggio in Europa. Dopo la scoperta del giacimento, il raìs ha ricevuto l’amministra­tore delegato dell’Eni Claudio Descalzi. Alcuni sensori dell’Italia insomma hanno imboccato una strada. Il grosso della classe dirigente del Paese deve decidere se nel Mediterran­eo ha da dire qualcosa al di là di tante autocommis­erazioni sull’immigrazio­ne e dei desideri di un fantastico mondo purtroppo irreale.

Se l’Egitto riceverà più energia grazie a questa scoperta, ciò porterà stabilità

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