Corriere della Sera

Il grande scrittore di spy stories conferma i sospetti sul suo passato Un’autobiogra­fia racconta la collaboraz­ione con i servizi britannici «Confesso che ho spiato» La (vera) storia di Forsyth

- Fabio Cavalera

dal nostro corrispond­ente

I veri correttori di bozze stavano lungo il Tamigi, nel palazzo dei servizi segreti di Sua maestà. Frederick Forsyth telefonava a un numero riservato e leggeva i passi più «sensibili» di quelle trame complesse e avvincenti che gli hanno fatto vendere 70 milioni di libri nel mondo, Il Giorno dello Sciacallo, Dossier Odessa, Quarto Protocollo, La lista nera. A volte spediva parti di manoscritt­o via fax. E la risposta, dopo qualche giorno, era sempre un incoraggia­nte «Ok Freddie».

Il 25 agosto scorso Frederick Forsyth ha spento la settantase­ttesima candelina e ha riguardato le prime copie della sua attesa autobiogra­fia, The Outsider: my life. Che nel corso degli anni avesse intrattenu­to una relazione speciale con gli 007 era più di un sospetto da tempo. Così curate e così ricche le atmosfere che solo un perfetto collaborat­ore dell’intelligen­ce poteva descriverl­e con tanta maestria. Adesso è arrivato il momento di confessars­i pubblicame­nte. Con un’autobiogra­fia, appunto. Con un’anticipazi­one al Sunday Times. E con un’intervista alla Bbc.

Per buona parte della sua carriera, una paio di decenni, «Freddie» ha collaborat­o con l’MI6, il controspio­naggio britannico. «Bisogna capire il periodo della Guerra fredda, se qualcuno ti chiedeva: puoi farci un favore? Era molto difficile rispondere di no». Pilota della Raf, anzi uno dei piloti più giovani dell’aviazione militare, passò per passione alla carriera giornalist­ica nell’agenzia Reuters, corrispond­ente dall’estero,

Come 007

Frederick Forsyth era all’inizio della carriera da scrittore quando fu agganciato dall’agenzia investigat­iva MI6. Tra i suoi libri, (sopra in una foto d’archivio con la moglie) poi nella Bbc e successiva­mente in alcune fra le testate più importanti del Regno e al Time Magazine. Per dedicarsi infine, a partire dagli ultimi anni Sessanta, alle spy story.

Era all’inizio di una fantastica carriera da scrittore. E avvenne l’aggancio, come collaborat­ore esterno, dell’agenzia investigat­iva. Stava partendo per un report a g e sulla guerra in Biafra, il conflitto etnico che cominciato nel luglio 1967 costò la vita a tre milioni di persone. «Ci dai una mano? È vero che molti bambini vengono uccisi? Racco n t a c i che cosa realmente avviene». La posizione ufficiale del Foreign Office e del governo di Londra era quella di negare e di appoggiare la dittatura di Lagos.

La realtà era assai diversa. «Io mandavo regolarmen­te articoli per i giornali e parallelam­ente rapporti per il servizio segreto che aveva una posizione diversa da quella dell’esecutivo. Non ebbi difficoltà a confermare che i bambini morivano come mosche».

Fu l’agente Ronnie a contattarl­o. E le confidenze proseguiro­no, con uno scambio continuo di informazio­ni, che si allungò ben oltre la guerra civile. Circostanz­a che consentì a Frederick Forsyth di mettere a punto un bel po’ di dettagli pratici, poi utili per le trame dei suoi romanzi. Ad esempio che le spie chiamavano «la Ditta» (the Firm) la loro organizzaz­ione, il Sis ovvero il «Secret Intelligen­ce Service», comunement­e definito MI6. O che gli agenti erano gli «Amici» (the Friends). Mentre gli 007 della Cia erano i «Cugini». Che un informator­e infiltrato era un «Asset», una «Risorsa». E che il «Mediatore», l’uomo incaricato dei contatti con «Asset», era l’«Handler», il manipolato­re o l’addestrato­re o l’accompagna­tore.

Capitò anche a Frederick Forsyth di diventare «Handler». Lo ammette lui stesso. E fu subito dopo la pubblicazi­one de Il Giorno dello Sciacallo, il libro che lo consacrò e divenne film di successo. Il servizio I mastini della guerra Frederick Forsyth, 77 anni. A Londra è in uscita la sua autobiogra­fia «The Outsider: my life» segreto britannico aveva in mano un generale della Germania dell’Est, un confidente importanti­ssimo. L’MI6 aveva bisogno di entrare in possesso di alcuni documenti e di materiale che l’alto ufficiale era pronto a consegnare. Frederick Forsyth, nel 1974, partì come semplice turista e portò a compimento la missione: incontrò il generale e rientrò a casa con il tesoro informativ­o. «Con qualche paura perché a un certo punto, al confine, fui avvicinato e inseguito da un membro

«Ok Freddie» I servizi segreti approvavan­o i passi più «sensibili» dei romanzi Doppia identità «Mandavo articoli per i giornali e parallelam­ente rapporti per l’MI6»

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