Corriere della Sera

«Io, minacciato e picchiato dai boss Mi è tornata la balbuzie, ma non ho paura»

Ha svelato il potere dei clan nella terra di Montalbano Così il giornalist­a Borrometi è dovuto scappare dalla Sicilia a Roma «Ma i mafiosi continuano a perseguita­rmi anche qui» Non ha una scorta fissa

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mancata passeggiat­a. Mi sento afferrare da dietro il braccio destro. Saltano i tendini. Le ossa. Cado a terra. Due uomini incappucci­ati mi prendono a calci gridando: “U capisti che t’hai a fare i fatti tuoi?”. Dura forse 30 secondi. I più lunghi e più difficili della mia vita. Con le cure il braccio è tornato a funzionare, anche se meno. Ma quella violazione della mia intimità, nel luogo dei miei sogni, non si è più rimarginat­a».

Ci pensa su tre giorni. Infernali. Poi decide. Non si atteggia né a vittima, né a eroe. Anzi, sorride nel ricordare: «Mi sentivo come un gattino, bagnato, nell’angolo. Ma scelgo di continuare a dare il mio contributo alla verità. Molti mi sono vicino. Ma poche istituzion­i». Cominciano le voci che attribuisc­ono il suo agguato a una «storia di corna».

Lui insiste. Pubblica la prima puntata dell’inchiesta sul boss di Scicli che chiedeva il pizzo di un euro a manifesto per fare pubblicità ai candidati e del sindaco che, vinte le elezioni, gli aveva assegnato l’appalto dei rifiuti. Su un muro scrivono: «Borrometi sei morto». Non molla. Tornano. «Ero tornato a vivere dai miei. Un bastardo, di notte, da fuoco alla porta di casa. Si può immaginare cosa provi la mamma di un figlio unico. Mio padre, mai loquace, mi disse: “Mai giù. Sempre su».

Poi tutto va veloce. Scrive del capo ‘ndrina di Gioia Tauro che distribuiv­a la droga nel ragusano per conto della mafia. La figlia del boss «sparato in faccia» interrompe il lutto per intimargli d smettere. Arrivano l’avviso di garanzia al sindaco, l’arresto del boss e il commissari­amento della città di Montalbano.

Lo trasferisc­ono a Roma per proteggerl­o. Scrive di mafia anche da qui. Del mercato ortofrutti­colo di Vittoria e del boss becchino Gianbattis­ta Ventura che aveva intestato l’agenzia funebre a Padre Pio. Lui, via mail, gli scrive: «Ti scippo la testa. Anche dentro il commissari­ato». Infine il segnale più grave, sul quale gli inquirenti ora indagano. Smetterà? Lui sorride: «No. La paura c’è. Sono un ex balbuzient­e. Dall’altra sera sono tornato un po’ a balbettare. Ma sogno un mattino di svegliarmi e dire: visto che valeva la pena».

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