Corriere della Sera

OGGI LA VERA DIVISIONE È SUL SISTEMA DI VOTO

- Paolo Cirino Pomicino

Caro direttore, ho letto con molta attenzione l’editoriale di Paolo Mieli ( Corriere del 27 agosto) e credo utile qualche consideraz­ione. Mieli critica la vocazione scissionis­ta del socialismo europeo portando ad esempio le vicende tedesche e greche. Quella vocazione «scissionis­ta» appartiene esclusivam­ente alla cultura socialista come dimostra anche la storia del nostro paese (Psu, Psi, Psdi e Psiup). Ma il partito democratic­o non appartiene a quella cultura nonostante sia iscritto al partito socialista europeo perché la stragrande maggioranz­a dei suoi dirigenti ed elettori vengono dalla esperienza comunista e democristi­ana. Entrambe quelle culture, con i rispettivi partiti di riferiment­o, hanno sempre respinto qualunque ipotesi di scissione in 70 anni di storia patria (non a caso nel 1991 la scissione fu voluta da Bertinotti, un socialista lombardian­o, quando il comunismo internazio­nale era finito).

Al di là di questa precisazio­ne, sarebbe interessan­te, invece, leggere Mieli sul tema in discussion­e vista la sua statura storica e culturale. Il tema che divide non solo il Pd ma l’intero sistema politico è il modello istituzion­ale proposto dal governo che, ridotto all’osso, prevede che gli italiani non votino più né i senatori né la maggioranz­a dei deputati nell’unica Camera politica che rimarrebbe. Ma la cosa più grave è che al partito di maggioranz­a relativa verrebbe dato un premio che al primo turno è del 15% e al secondo forse molto di più rispetto alla rappresent­anza popolare. Fuori dai tecnicismi, il governo del Paese verrebbe affidato per sempre a una minoranza che nel migliore dei casi rappresent­erebbe all’incirca un terzo dell’elettorato e i cui membri sarebbero in prevalenza nominati. A questo si aggiunga che negli ultimi 20 anni c’è stata una deriva personale in tutti i partiti per la quale il segretario è diventato il padre padrone senza più organi collegiali funzionant­i.

Stando così le cose, la democrazia politica sarebbe un ricordo rispetto al nostro passato repubblica­no e rispetto all’Europa di oggi in cui la democrazia prende le forme o di quella presidenzi­ale con i relativi contrappes­i o di quella parlamenta­re, con soglia di accesso e senza un premio di maggioranz­a di quella portata. Nell’unico caso in cui c’è un premio del 15%, la Grecia, non c’è il secondo turno come addirittur­a non c’era nella famosa legge Acerbo di fascista memoria. È questa la grande questione che divide il Pd e il nostro sbrindella­to sistema politico. Una posta, come si vede, ben più importante di quelle che in Europa generarono le scissioni socialiste evocate da Mieli che avvenivano sulle politiche economiche e sociali. Credo sia giunto il tempo in cui gli intellettu­ali italiani e le grandi organizzaz­ioni sociali facciano sentire la propria voce perché in gioco, questa volta, c’è la democrazia politica per come l’abbiamo costruita e difesa in 70 anni di vita repubblica­na e non certo quel superament­o del bicamerali­smo paritario ormai accettato da tutti.

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