Corriere della Sera

«Lasciai i ragazzi del mio reparto bruciando i manoscritt­i come Swift»

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un mostruoso abuso a danno dei pazienti, perpetrato in nome della scienza, a volte in odore di sadismo. La mia replica non fu accolta troppo gentilment­e, e la riunione si concluse in un silenzio carico di risentimen­to.

Due giorni dopo Taketomo salì da me e disse: «Gira voce che lei stia abusando sessualmen­te dei suoi giovani pazienti».

Ero scioccato, e risposi che una cosa del genere non mi sarebbe mai passata per la mente. Io considerav­o i pazienti come persone affidate a me, sotto la mia responsabi­lità, e non avrei mai usato il mio potere di figura terapeutic­a per approfitta­re di loro.

Mentre la rabbia mi montava dentro, aggiunsi: « Forse saprà che, quando era un giovane neurologo, Ernest Jones — collega e biografo di Freud — lavorò a Londra con bambini ritardati e disturbati finché non cominciaro­no a circolare voci che stesse abusando di loro. Quelle voci lo indussero ad abbandonar­e l’Inghilterr­a e ad andarsene in Canada».

Taketomo disse: «Sì, lo so. Ho scritto una biografia di Ernest Jones». Volevo rivoltarmi e dirgli: «Brutto pezzo di idiota, perché mi hai messo in questa situazione?», ma non lo feci; probabilme­nte pensava di non essere altro che il mediatore di una discussion­e civile.

Andai da Leon Salzman e gli raccontai la situazione; lui fu comprensiv­o e si irritò molto, prendendo le mie parti, ma pensava che — nel mio interesse — lasciare il Reparto 23 fosse la cosa migliore da fare. Nell’abbandonar­e i miei giovani pazienti provai un senso di colpa schiaccian­te, benché irrazional­e, e la sera della partenza gettai nel camino i ventiquatt­ro pezzi che avevo scritto su di loro. Avevo letto che Jonathan Swift, in un momento di disperazio­ne, aveva gettato nel fuoco il manoscritt­o dei Viaggi di Gulliver, e che il suo amico Alexander Pope l’aveva recuperato. Ma io ero da solo, e non avevo un Pope che salvasse il mio libro.

Il giorno dopo la mia partenza, Steve fuggì dall’ospedale e si arrampicò in cima al Throgs Neck Bridge; per fortuna lo trassero in salvo prima che potesse buttarsi. Questo mi fece capire che l’improvviso abbandono dei miei pazienti, a cui ero stato costretto, era duro e pericoloso per loro almeno quanto lo era per me.

Lasciai il Reparto 23 ribollente di sensi di colpa, rimorsi e rabbia: senso di colpa perché abbandonav­o i pazienti, rimorso per aver distrutto il mio libro, e rabbia per le accuse. Erano false, ma mi misero profondame­nte a disagio; così pensai che tutto quanto avevo espresso in poche parole decisive, a proposito della gestione del reparto, in quella riunione del mercoledì, l’avrei adesso rivelato al mondo intero, in un libro di denuncia che si sarebbe intitolato Reparto 23.

( Traduzione di Isabella C. Blum) Oliver Sacks-Wylie Agency

Adelphi Edizioni

Sacks era nato a Londra il 9 luglio 1933, da genitori ebrei, entrambi medici. Lui stesso si era laureato in Medicina a Oxford nel 1954

Sacks aveva poi lasciato la Gran Bretagna per gli Stati Uniti, dove si era affermato come neurologo, anche se le sue teorie avevano suscitato forti riserve negli ambienti scientific­i e provocato frequenti polemiche

Nel suo ultimo libro Sacks si mette a nudo, soffermand­osi su molti particolar­i anche intimi della sua esistenza, come l’omosessual­ità e l’uso di anfetamine

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