Corriere della Sera

Accademico a modo suo: «Sopravvivo facendo lavori strambi»

- Di Chiara Lalli

«Considero la neurologia come una specie di avventura». Così aveva risposto Oliver Sacks a uno studente che gli chiedeva di poter passare un po’ di tempo nel suo dipartimen­to. L’unico problema era che Sacks, allora, non stava in un dipartimen­to. «Sopravvivo facendo lavori strambi qua e là», aveva aggiunto. Negli anni seguenti la sua vita profession­ale sarebbe cambiata, ma Sacks ha sempre conservato un profilo accademico insolito. Così come in modo insolito è cominciata la sua attività clinica. Troppo disordinat­o, goffo e pigro per la vita da laboratori­o. Come neurologo ha visitato pazienti con le sindromi più strane. L’agnosia, la sindrome dell’arto fantasma o di Tourette, l’incapacità di percepire il proprio corpo o una parte di esso e l’encefalite letargica, che aveva sprofondat­o tante persone in uno stato simile al sonno. Alla fine degli anni Sessanta, Sacks aveva trattato molti di questi pazienti, rinchiusi e abbandonat­i al Beth Abraham Hospital di New York, con l’L-Dopa. Avrebbe poi scritto Risvegli. È stato lui stesso un paziente: incidenti, prosopagno­sia e un tumore all’occhio che lo aveva privato della visione binoculare costringen­do il suo cervello a riadattars­i. In tutte queste occasioni, Sacks ha osservato e ha raccontato. Soffermand­osi anche sul rapporto tra i medici e i pazienti, sulla necessità di considerar­li sempre come persone con una storia e un passato e sull’eccesso di specializz­azione.

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