L’impegno nascosto dietro la perfezione
«Ricordo che una volta osservai Cartier-Bresson al lavoro... Danzava sul marciapiedi come una libellula impazzita, con tre Leica che dondolavano a tracolla e una quarta incollata al suo occhio: clic clic clic». Così scriveva Truman Capote nel 1946. HCB, il maestro dell’instant décisif, scopre nel 1932 lo strumento che relega in soffitta gli apparecchi ingombranti. La macchina portatile eccita anche il russo Alexander Rodchenko: esprime la dinamicità dell’epoca con inquadrature che rivoluzionano la percezione. Azzardo pericoloso che paga con l’accusa di formalismo borghese. Le prime foto di guerra risalgono al 1855, in Crimea, a opera di Roger Fenton, ma il tempo d’esposizione necessario per una fotografia e la poca praticità dei dispositivi ritardano di decenni gli azzardi di Robert Capa e colleghi. Negli Anni ‘50 un ingegnere cattura ciò che l’occhio non percepisce: Harold Edgerton con lo stroboscopio seziona il tempo e fissa l’attimo in cui una mela esplode colpita da una freccia. Sempre lui escogita per Jean-Jacques Cousteau il sistema che, applicato alla Calypso, favorisce l’esplorazione degli oceani. Poi arriva la rivoluzione digitale, ottima qualità fotografica quasi in assenza di luce. Oggi Burtynsky, nel video Where I Stand, condivide i trucchi con cui ha confezionato il progetto sull’acqua. Il suo mondo non è quello incontaminato che un secolo fa Ansel Adams, cantore dello Yosemite, raccontava appoggiato a un treppiedi. È una natura seviziata dall’uomo. Burtynsky conosce il ruolo della bellezza nella comunicazione. Va a caccia dei punti di vista più efficaci, li trova e se ne appropria anche con elicotteri o droni. Il fotografo della contemplazione decisiva crea quadri seducenti e ammalia il visitatore. Per rivelargli, un attimo dopo, che sono urla di dolore.