Corriere della Sera

Giambrone tecnico ignorato ha fatto felice l’Uganda

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(g.pic.) C’è un connaziona­le d’esportazio­ne che è riuscito a prendersi una bella soddisfazi­one al Mondiale. Giuseppe Giambrone, 35 anni, l’italiano d’Uganda. Si aggira nella pancia del Nido con la maglietta gialla della nazionale di Munyo Solomon Mutai ( foto), giovane (22 anni) bronzo nella maratona, e un sorriso grande così. Giambrone, come si arriva da Caltavutur­o, provincia di Palermo, a Kampala, capitale dell’Uganda? «Con molta forza di volontà e intraprend­enza. Sono allievo del professor Ticali e ho corso gare di fondo e mezzofondo. Per allenare mi sono trasferito dalla Sicilia in Toscana, a San Rocco a Pilli, sulle colline vicino a Siena. Volevo creare un campus d’allenament­o per gli atleti italiani». Come è andata?

«Lasciamo stare… Ho proposto il mio progetto alla federazion­e. Risposta: non ci interessa». Non si è perso d’animo però. «Con mia moglie, che è medico, siamo partiti per l’Uganda all’avventura. Macchina a noleggio e via. Dopo aver girato un po’, con l’aiuto di un italiano che lavora alla federazion­e ugandese abbiamo aperto un centro a Bukowo, al confine con il Kenya, 30 km da Iten, dove si allenano i più grandi interpreti della maratona a livello mondiale». E qui a Pechino, sorpresa, è arrivato il bronzo di Mutai. «Nessuna sorpresa, abbiamo lavorato molto: Mutai è giovane, può crescere ancora. Ho allenato anche Stefano La Rosa, di Grosseto, che con me ha fatto il salto di qualità: 2.12’ nella prima maratona. Solo Stefano Baldini ha fatto meglio di lui al debutto». Come si sta a Bukwo? «A me piace allenare, quindi bene. Svolgiamo anche una funzione sociale: prendiamo i ragazzi dalla strada, soprattutt­o le bambine, che in Uganda vengono vendute dalle famiglie per sei mucche». Il futuro è in Africa? «Non dipende solo da me. Se i dirigenti della federazion­e italiana vogliono la mia collaboraz­ione, adesso sanno dove trovarmi».

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