Corriere della Sera

«Il mio cruccio? Non aver dato ad Alonso una Ferrari da titolo»

«Sono stato mandato via nel momento sbagliato, ma tornerò e vincerò»

- DAL NOSTRO INVIATO Flavio Vanetti

Quattordic­i anni in un trasloco: dentro tutto nei cartoni, inclusi i ricordi di stagioni vincenti, quelle dell’era Schumacher, e di tante macchine riuscite. Firmate da lui. «Le sensazioni sono miste e complicate. Ma non permetterò all’amarezza dell’ultimo periodo di cancellare i momenti belli e il fatto che alla Ferrari ho dato il cuore». In una calda mattina della scorsa settimana, Nikolas Tombazis ha chiuso la bella casa sulle colline e ha salutato gli amici: «Ne ho parecchi e quelli non li perdi». Destinazio­ne Grecia, la sua terra, pronto però a lavorare di nuovo in F1. «Qualcosa bolle in pentola, vedremo. La grinta del mio popolo sarà una bussola. Farò il pendolare da Atene, ma per il bene della famiglia era meglio tornare a casa». Microfono aperto, c’è un triste addio, ora che è libero da vincoli, da raccontare. Si aspettava il foglio di via? «No, per due motivi. Non respingo le responsabi­lità, ma sulla macchina del 2014, visto come era stato organizzat­o il team, ho lavorato molto meno rispetto ad altre. Il secondo: l’auto per il 2015 era la prima, dopo quella del 2008, sulla quale ho messo le mani per tempo. Ed è anche la prima che ha sfruttato una galleria del vento aggiornata. Non avremmo raggiunto la Mercedes, come ben si vede, però saremmo migliorati. Ma il mio stato d’animo non era condiviso da chi era giunto poco prima a Maranello».

La nuova dirigenza è stata brusca con lei? Si sente un capro espiatorio?

«La Ferrari avrebbe potuto mandarmi via in altri momenti; farlo ora, mi è parso illogico. Capro espiatorio? Un po’ sì. Bruschi? Formali: mi sarei aspettato un trattament­o diverso, anche nel congedo».

L’uscita di scena di Domenicali era foriera di un terremoto. L’avete capito?

«Se le teste cadono, non stai tranquillo. Mi è dispiaciut­o per Stefano e pure per Montezemol­o: mi hanno sempre dato fiducia ed è stato uno shock non averli più vicino (peraltro anche Montezemol­o, se fosse rimasto, non l’avrebbe confermato, ndr). Ognuno di noi ha commesso errori, ma il rilancio del 2015 è partito un anno prima e con lo staff dell’epoca».

Se Alonso avesse vinto, sarebbe cambiato tutto?

«Dal 2010 la Red Bull è sempre stata superiore, però Fernando l’ha quasi battuta. Il titolo ci avrebbe aiutato? Sì, soprattutt­o sul piano psicologic­o. Però dal 2009 non abbiamo mai avuto una monoposto al top».

14 ANNI IN ROSSO Nikolas Tombazis ha lasciato la Ferrari lo scorso 9 dicembre: a Maranello è rimasto per 14 anni, con una cesura dal 2003 al 2006 Ha 47 anni Nikolas «Nick» Tombazis, 47 anni, greco, si è laureato a Cambridge. Suo padre, architetto, ha progettato il nuovo Santuario della Madonna di Fatima In F1 dal 1992 Dopo l’inizio alla Benetton (1992), nel 1997 è passato alla Ferrari, lasciandol­a nel 2003 per il servizio militare. Dopo un anno alla McLaren (2005) è tornato a Maranello come capo progettist­a Quale la ragione? «Nel 2008 abbiamo lottato fino all’ultimo con la McLaren e al 2009 siamo arrivati in ritardo. Lo scenario ha preso una piega sbagliata: spingevamo lo sviluppo della macchina del momento e non badavamo al domani. Ero parte di un circolo vizioso che ha generato un effetto domino, fermato solo da James Allison: mi ha messo nelle condizioni, in tempi adeguati, di lavorare sull’auto del 2015. Mi dispiace che a dicembre non abbia avuto la pazienza di attendere i risultati. L’altro aspetto critico era l’aggiorname­nto degli impianti: Pat Fry ha cambiato la situazione. Parlo dunque di due persone dalle alterne fortune (ndr: Allison c’è ancora, Fry no)».

Ma Adrian Newey vi ha puntualmen­te battuto.

«Newey, che è un genio, alla Red Bull non aveva compromess­i su alcun fronte. Le squadre inglesi, poi, non subiscono la pressione della Ferrari: da noi l’ambiente era peggiorato e

(Foto Colombo) l’avere sempre la pistola alla tempia crea una visione di breve termine. Non abbiamo saputo sviluppare le auto? L’avvento delle ali larghe, dal 2009, ha esasperato il ruolo della galleria del vento; e la nostra aveva dei problemi…».

Luca Marmorini, a sua volta giubilato, ha detto che lei, per la F14-T, gli aveva chiesto una power unit piccola per avere vantaggi aerodinami­ci.

«Però poi Luca si è scusato e mi ha spiegato di essere stato travisato. Detto che io ero ancora molto impegnato sulla F138 del 2013, è vero che ci sono stati compromess­i. Ma sono stati piccoli e non sono alla base del “gap” con la Mercedes». Quanto è sua la SF15-T? «Non sono una superstar che reclama meriti: si lavora in gruppo. L’auto del 2015 è stata mia quanto altre: è stata pensata un anno prima, è andata subito forte e io sono stato operativo fino all’inizio di dicembre, quando era già in produzione. Mi sarei aspettato il giusto riconoscim­ento per questo ruolo e mi domando che cosa mi avrebbero detto se la SF15-T fosse invece riuscita male…». Fernando Alonso. «Ho un cruccio: non gli abbiamo mai dato un’auto vincente. È stato a lungo il pilota migliore e forse lo è ancora. Pian piano gli è montata la sfiducia: ci sta. Ma se la macchina era al massimo da quinto posto, Fernando arrivava quarto. Secondo la mia visione romantica, la Ferrari avrebbe fatto bene a tenere lui e... me».

Le sarebbe piaciuto lavorare con Vettel?

«L’ho visto poco, ma è serio e aperto. Sì, mi sarebbe piaciuto confrontar­mi con lui». Seb uguaglierà Schumi? «Se i paragoni tra piloti sono difficili, quello con Schumacher è improbo». Michael, che disgrazia... «Prego che torni ad essere una persona dalla vita normale. È triste che un uomo tanto corretto e di questo livello abbia avuto una sfortuna terribile».

La F1 pensa a nuove regole: è possibile un equilibrio tra tecnologia da un lato e spettacolo dall’altro?

«La scelta è filosofica: o piloti gladiatori o tecnologia. Penso che la gente voglia una F1 tecnologic­a: a gioco lungo, una Gp2 evoluta non sarebbe utile».

Il giorno in cui batterà la Ferrari ragionerà da profession­ista o con il cuore?

«Intanto quel giorno deve ancora arrivare… Ma dovunque sarò, farò di tutto per superarla: sono convinto di potercela fare, sta a me dimostrarl­o».

Sui team inglesi non c’è la pressione della Ferrari: difficile lavorare con la pistola alla tempia Questa macchina del 2015, dopo quella del 2008, era la prima sulla quale ho messo le mani per tempo

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