«Il sindaco è uno, ma io non farò il notaio» Gabrielli spiega che non intende candidarsi e chiarisce i suoi poteri di intervento sul Campidoglio: «Per reiterate violazioni posso sciogliere il Comune. Marino? L’ho sentito tra un’immersione e l’altra»
Non sono dissapori ma neanche cordialità. Piuttosto, paletti piantati a ribadire che i rapporti tra lui e Ignazio Marino saranno all’insegna del rispetto dei ruoli e della correttezza istituzionale, ma anche delle personali e dirette responsabilità che ne derivano. «A Roma non c’è nessuna diarchia, nessun consolato o governatorato, né mi candiderò», dice il prefetto Franco Gabrielli, commissario per il Giubileo e, secondo altra lettura, dell’intera gestione della Capitale. «Non ci sono due sindaci: ce n’è uno solo, eletto dal popolo, e tale è finché questo sindaco rimarrà in carica». Questo perché, sottolinea Gabrielli, «non possono esistere giuridicamente situazioni che depotenzino il ruolo, la funzione e, consentitemi di dire, la responsabilità che è in capo al primo cittadino».
E tuttavia: «Non vorrei, però, — continua il prefetto — che passasse la logica del “tarallucci e vino”. Non ci sono Mandrake o Superpippo, solo un prefetto a cui vengono chiesti gli straordinari, ma io non farò il notaio. Ho ricevuto un incarico dal governo, sono chiamato a dare delle indicazioni. E in base alle norme sugli enti locali, il prefetto può sciogliere un Comune in caso di gravi e reiterate violazioni di legge». Alla prova dei fatti, insomma, il rischio di una fine anticipata della legislatura capitolina per le infiltrazioni mafiose non è ancora tramontato.
Altre frasi del commissario al Giubileo, quasi strappate dall’insistenza delle domande, misurano anche meglio la distanza dal chirurgo dem, atteso giovedì mattina a Roma al termine di lunga e contestata assenza per le vacanze tra Stati Uniti e Caraibi mentre impazzavano il funerale Casamonica e le speculazioni sul ruolo del primo cittadino.
«Nonostante la distanza fisica, ho parlato in questi giorni con il sindaco Marino, ci sentiamo spesso e volentieri... tra un’immersione e l’altra», detta a denti stretti in occasione del primo incontro operativo sul Giubileo tra prefettura e Campidoglio. E poi, sulla gestione economica dell’evento giubilare: «Ho sentito dire che il Comune impegnerà 50 milioni di soldi suoi...in realtà è lo Stato che ha accettato di differire la restituzione del debito di Roma. In questi casi i soldi di chi sono, del debitore o del creditore?». Due i temi sottolineati da Gabrielli entrando nello specifico del suo compito. «Quando sento parlare di “modello Expo” mi viene la psoriasi, perché il Giubileo 2015 non è nulla di tutto questo». Né per i tempi in cui è stato organizzato (l’ok a Expo è del 2007), né per l’impegno economico (per l’evento milanese è stato stanziato un miliardo), né per i poteri del commissario Sala: «Non c’è nessuna emergenza di Protezione Civile che assommi in sé le deroghe che gli sono riferite». Nessun paragone neanche con il Giubileo del 2000, quando «ci fu una legge speciale, una agenzia dedicata, soldi, poteri, orizzonti. È il Giubileo della Misericordia, misericordia che chiedo abbiano tutti, perché questo “tafazzismo” non fa bene alla città».
Quanto alla sicurezza, è stato presentato con il presidente del Lazio Zingaretti, il numero unico delle emergenze 112 «ed è già una risposta». Fondamentale «è la rimodulazione del controllo del territorio — spiega Gabrielli — perché questo è il Giubileo ai tempi dell’Isis, e se pensate che lo diciamo per scaramanzia vi sbagliate: il terrorismo internazionale è una minaccia concreta e reale».
Paralleli col Giubileo «Quando sento parlare di modello Expo mi viene la psoriasi, non c’è nulla in comune»