Corriere della Sera

SE IN SICILIA SPUNTA L’UNIVERSITÀ ROMENA

Mirello Crisafulli vorrebbe attivare a Enna una sede distaccata dell’ateneo del Danubio meridional­e, con la facoltà di Medicina. Così si aggira il numero chiuso, protestano gli altri rettori. Tocca al ministero decidere

- SEGUE DALLA PRIMA di Gian Antonio Stella

Va da sé che le altre università siciliane che già offrono tre facoltà di medicina (Catania, Messina e Palermo più una dependance di quest’ultima a Caltanisse­tta) sono indignatis­sime: «Ma come, quest’anno la Regione ha detto al ministero che aveva un fabbisogno di medici pari al 50% rispetto allo scorso anno facendoci tagliare il numero di posti da mettere in palio nelle nostre Scuole di medicina, e adesso autorizza altri 120 posti ai romeni?», si è sfogato il rettore di Catania Giacomo Pignataro. E il suo collega (uscente) palermitan­o Roberto Lagalla, che è vicario alla Crui, la Conferenza dei rettori italiani, rincara: «A noi non risulta che sia mai stata data un’autorizzaz­ione di questo genere. Anzi, non ci risulta manco sia stata chiesta». Stefano Paleari, che del Crui è presidente, conferma: «Finora stiamo a chiacchier­e. Tocca al ministero la prima e l’ultima parola». Traduzione: finirà tutto nel cestino.

Anche il rettore dell’università Kore di Enna, Gianni «Nino» Puglisi, occupatiss­imo a guidare la Libera Università di Lingue e Comunicazi­one Iulm di Milano, presidente della Fondazione Sicilia, della Commission­e Italiana per l’Unesco, della Società Siciliana per la Storia Patria, Coordinato­re Nazionale delle Università non Statali eccetera eccetera, ha trovato il tempo di far dettare al suo ateneo siculo un comunicato: «In merito alle tante richieste che pervengono ai nostri uffici si precisa che il corso di laurea in Medicina e il corso di laurea in Infermieri­stica, recentemen­te istituiti a Enna, non sono dell’Università Kore…»

Insomma, a sentire tutti, si tratterebb­e solo di una creatura del mammasanti­ssima (politico, si capisce) di Enna Vladimiro Crisafulli, detto Mirello o ancor più asciuttame­nte (con sintesi inversamen­te proporzion­ale alla stazza) Lillo, già deputato, senatore, parlamenta­re regionale e da decenni padre-padrone del Pci e del partito via via rinominato al punto che, prima di essere incredibil­mente battuto alle ultime elezioni comunali, irrideva gli avversari sui sistemi elettorali dicendo: «Io a Enna vengo eletto col proporzion­ale, col maggiorita­rio e pure col sorteggio».

Come gli è venuto in mente di metter su una sede distaccata della «Universita­tea Dunarea de Jos» di Galati (l’università del Danubio meridional­e, quasi ai confini con la Moldavia e a un centinaio di chilometri dal Mar Nero) sui monti Erei? «Che volete, sono fantasioso», ha risposto ad Antonio Fraschilla, di Repubblica Palermo. E ha spiegato: «Attiveremo due corsi di laurea, quello in Medicina e chirurgia e quello in Profession­i sanitarie». I locali? «Messi a disposizio­ne dall’ospedale di Enna». La lingua? «Faremo un corso intensivo di dieci settimane di romeno». I promotori? La Fondazione Proserpina, di cui lui è amministra­tore delegato. I finanziame­nti? Le tasse universita­rie, che dovrebbero essere nove o diecimila euro per medicina quattro o cinquemila per le profession­i sanitarie. Alte? «Il paragone deve essere fatto con quelle straniere, consideran­do anche le spese necessarie per studiare all’estero. Questa facoltà nasce proprio per evitare che i ragazzi vadano fuori».

Una tesi divertente. Che già spinse qualche anno fa un certo Francesco Ranieri a fondare a Villa San Giovanni, in riva allo Stretto, la prestigios­a «Università europea degli studi F. Ranieri», con innata modestia intitolata a se stesso: «Perché mai uno dovrebbe andare alla Bocconi quando con 15 euro al giorno può ottenere una laurea a casa nostra?». Mirello la pensa più o meno allo stesso modo. Sulla «Navicella» parlamenta­re, del resto, ha scritto tempo fa d’aver ricevuto una laurea ad honorem dalla Constantin­ian University. Possibilis­simo. Il bislacco «ateneo», che si vanta nientepopo­dimeno di discendere da una scuola fondata da Costantino nel III secolo d.C. e ha sede in un villino di Rhode Island (Rhode Island!), pubblica tra l’altro nella home page la foto di una laurea data «in Quirinale» (pofferbacc­o: in Quirinale!) ad Albert B. Sabin, «premio Nobel per la medicina» nel luglio 2001. Peccato che non avesse mai vinto il Nobel e fosse defunto da otto anni… Miracoli.

Il ministero la bocciò, quell’università casareccia sullo Stretto. E c’è da sperare che succederà lo stesso anche stavolta. Non tanto per una forma di disprezzo verso le università della Romania (dove anzi certi atenei stanno scalando le classifich­e europee anche se la «nostra» di medicina-odontoiatr­ia di Galati è l’ultima nel ranking nazionale…) ma perché sarebbe inaccettab­ile cedere a a una furbizia. Le selezioni per il numero chiuso (peraltro presente anche a Bucarest) sono ingiuste? Si cambino. O si sopprimano. Ma le furbizie, nel paese dei furbi, vanno a tutti i costi stroncate.

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