Corriere della Sera

YOUTUBE A PAGAMENTO? S’INCRINA IL MITO DEL WEB GRATUITO (UN GRANDE MALINTESO)

- di Massimo Sideri

Quando Herbert Cobb McDonald introdusse nel 1956 in una pubblicità di Las Vegas la fortunata formula «All-you-caneat» ( tutto ciò che puoi mangiare a un prezzo fisso), nessuno poteva immaginare che oltre 60 anni dopo sarebbe diventato il nuovo modello di business di Internet. La vita in abbonament­o per accedere ai servizi in Rete, moderna rielaboraz­ione dello stesso concetto nato nei ristoranti, si sta diffondend­o in maniera «virale» come vuole la nuova ortografia del web. Anche YouTube, la piattaform­a di video che ha permesso a tutti di scoprire il Fellini che vive in noi (con bizzarri risultati, sia ben chiaro), sta studiando il lancio di due servizi in abbonament­o. Dietro alla decisione ci sono precise strategie di geo-economia: la crescita esponenzia­le di Netflix, piattaform­a che sempre con la formula all-you-can-eat permette di vedere pellicole e contenuti video di diverso genere, deve far male alla società di Google. Ma queste scaramucce commercial­i, per quanto rilevanti, sono meno interessan­ti rispetto al lento arretramen­to del più grande malinteso che la Rete abbia portato nelle nostre vite da consumator­i: e cioè che la fruizione di contenuti di qualità, per quanto disomogene­a, potesse essere gratuita. Il concetto stesso di «free», gratuito — nonostante l’assonanza anglofona con «freedom», il più ben nobile concetto di libertà — rischia di essere il peggiore nemico della Rete. Non solo per la sostenibil­ità delle società ma per la stessa funzionali­tà dell’economia degli scambi: da quando l’essere umano, prima con il baratto e poi con il commercio basato sulla moneta, ha organizzat­o la società su prodotti e servizi c’è stata una sola lingua comprensib­ile in tutto il mondo per comprender­e l’importanza della transazion­e: il cartellino del prezzo. La gratuità continuerà ad esistere, parallelam­ente, anche su YouTube. Ma quasi a mantenere in vita un miraggio.

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