ANCHE L’ITALIA DEVE PROPORRE MISURE PER CAMBIARE L’EUROPA
Per legittimare il bilancio dell’eurozona Parigi punta sul Parlamento Berlino vuole un ministro del Tesoro unico E Roma? Può suggerire di dare alla Commissione più potere esecutivo
In Europa, i problemi di fondo dell’economia continuano a essere crescita e occupazione. La situazione è insoddisfacente e asimmetrica da Paese a Paese. Naturalmente, la sfida all’onda lunga della crisi globale è planetaria, dato il rilievo di molti problemi. Tuttavia, l’Unione Europea e i suoi membri sono nell’occhio del ciclone: se non agiscono subito, si sfarinerà quanto sin qui costruito. Chi ha responsabilità di governo ha il dovere di individuare soluzioni valide e praticabili. I leader, però, sono divisi su obiettivi e azioni. Pochissimi hanno avanzato proposte improntate anche al comune interesse europeo; la maggior parte bada solo al tornaconto nazionale e svariati restano in attesa delle iniziative altrui, spesso per criticale. È bene smetterla di oscillare fra massimalismi ed egoismi. Chiedere, quale panacea, l’unione politica in tempi brevi è fuorviante; la meta federalista va perseguita ricostruendo, prima, il consenso con misure che risolvano le urgenze. Del pari, si dovrebbe spiegare come stanno le cose reali, prima di illudere i cittadini circa il successo di soluzioni meramente nazionali. Negli ultimi mesi, sono state messe sul tavolo proposte interessanti: spetta ai governi europei, senza ulteriori indugi, riprendere insieme la discussione e costruttivamente perfezionarle, modificarle, decidere.
I progetti più rilevanti riguardano il governo dell’economia. Il presidente francese, François Hollande, ha prospettato di dotare l’eurozona di un suo bilancio e di una rappresentanza parlamentare che ne garantisca la legittimità. Il ministro tedesco Wolfgang Schäuble si è espresso su tre punti: l’istituzione di un «ministro del Tesoro» per l’euro, quale interlocutore politico primario della Banca centrale europea (Bce); la possibilità di alimentare il bilancio europeo anche attraverso tasse ad hoc; l’effettiva natura della Commissione europea, sottolineando che se diventa più politica, si pone un problema di obiettività nell’esercizio dei suoi compiti di sorveglianza e garanzia. Queste opzioni, sebbene enunciate in occasioni diverse, non penso siano fra loro in contrasto. Anzi, si completano a vicenda e credo, non sia casuale, considerata la prassi di stretta consultazione sui temi europei che lega Germania e Francia, in barba alle congetture di chi le vorrebbe in frizione. Inoltre, le varie proposte potrebbero essere utilmente rifinite e integrate da idee complementari.
È un’occasione per l’Italia di uscire dall’angusto ambito della difesa del solo interesse nazionale, coniugandolo con quello europeo. Dovremmo dar prova d’influenza, promuovere un esercizio corale, fare utili suggerimenti; ad esempio, sostenere, il seguente pacchetto di sette misure. (1) Un bilancio indipendente per l’eurozona, finalizzato a compensare repentine asimmetrie fra gli Stati e a incentivare riforme strutturali e investimenti che creino posti di lavoro. (2) Entrate autonome per tale bilancio, prescindendo il più possibile dai contributi versati dai vari Paesi, per evitare le sclerosi dell’attuale bilancio Ue. (3) Quindi, imposte europee; ma solo a condizione che sostituiscano i tributi nazionali simili, eliminandoli e riducendo le difformità fiscali fra gli Stati. (4) La facoltà per l’eurozona (da includere nella sua autonomia di bilancio) di emettere titoli europei di debito pubblico, per venderli sui mercati e raccogliere finanziamenti, così riducendo l’analoga necessità dei singoli Paesi, a sollievo dei loro oberati conti. (5) Un «ministro» europeo, con competenze fiscali, di tesoreria e spesa, che dialoghi con governi nazionali e Bce, rispondendo a rappresentanti
Economia vigilata Con accordi contrattuali vincolanti la Germania dovrà finalmente ridurre il suo surplus commerciale nei confronti dei partner
democraticamente eletti dai cittadini; cioè, ai deputati europei dell’eurozona, riuniti in un’apposita sub-formazione del Parlamento europeo. Il «ministro» (sul modello dell’alto rappresentante per la politica estera) deve presiedere l’Eurogruppo ed essere vicepresidente della Commissione europea, accentuando la sua evoluzione a vero esecutivo politico, anche a costo di sottrarle funzioni che, a livello nazionale, sono demandate a specifiche autorità indipendenti. (6) Un sistema di accordi contrattuali che prevedano opportuni incentivi, a fronte dell’impegno (giuridico) di ogni Stato a varare, entro una data certa, le riforme richieste dalle annuali «raccomandazioni specifiche» del Consiglio europeo; con un simile vincolo, per esempio, la Germania dovrà finalmente ridurre il suo surplus commerciale nei confronti dei partner. (7) Un’incisiva politica di stimolo degli investimenti favorevoli all’occupazione che potenzi il «Piano Juncker», dinamizzi e innovi gli interventi della Bei (Banca europea per gli investimenti), estenda l’uso dei project bond (lanciati nel 2012, quale strumento di finanziamento per opere infrastrutturali), promuova l’istituto del venture capital, sfrutti al meglio le potenzialità di un bilancio dell’eurozona.