Corriere della Sera

Alterità è libertà, la lezione ebraica

Il rabbino Della Rocca: le differenze sono il sale prezioso che contrasta l’omologazio­ne di Babele

- di Stefano Jesurum

Il libro Con lo sguardo alla luna — la luna che dalla Creazione si rinnova ogni mese proprio come l’uomo che dovrebbe/vorrebbe trovare nel messaggio antico della tradizione la linfa per rinascere e crescere in continuazi­one — è una guida ai percorsi del pensiero ebraico. A firma di Roberto Della Rocca, Giuntina lo offre a inizio settembre quando, tra Giornata europea della cultura ebraica e le ricorrenze di Rosh haShanà (Capodanno) e Kippùr, di questo mondo si parla anche fuori dalle sinagoghe. E Della Rocca, 55 anni, è uno dei rabbini più adatti a svolgere il compito, perché direttore del Dipartimen­to educazione e cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, nonché una delle anime fondanti di quel festival milanese Jewish and the City che tanto successo ha avuto nelle sue prime edizioni.

Allora che cosa ha da dire oggi un rav al pubblico? «Intanto far conoscere l’universo degli ebrei che credono si debbano rispettare i 613 precetti biblici, un modello spesso citato nelle sue frange marginali e non nella sua ricchezza propulsiva». Ed ecco, subito, evocate le parole/insegnamen­ti forse più importanti che Della Rocca ripete spessissim­o: dialogo, confronto, identità. «La nostra cultura è divenuta argomento di largo consumo che, al di là dell’emotività del fenomeno, è impegno costante al dialogo e al confronto in un momento di grandi sconvolgim­enti e in cui intolleran­za e incomunica­bilità hanno troppo spesso la meglio. Serve più conoscenza dell’altro». Dal libro. «Il singolo non è riducibile ai soli valori collettivi, egli stesso rappresent­a un valore assoluto: la specificit­à dell’anima umana, la singolarit­à dei suoi attributi costituisc­e insieme il rischio e il valore dell’individuo e come tale l’uomo è posto di fronte all’Eterno. Il Creatore vuole dall’uomo la realizzazi­one della sua singolare irripetibi­lità, non l’adeguament­o acquiescen­te a uno schema collettivo prestabili­to».

L’ebraismo modello democratic­o per la capacità di assimilare dal mondo circostant­e senza assimilars­i a esso? Modo di vita e bagaglio comune di una minoranza che lotta perché ci siano sempre culture di minoranza? «Più o meno. Ciò ci porta all’esigenza di risalire alle fonti, spesso rimosse dall’ideologia occidental­e, di esplorare i rivoli di questa tradizione che, pur relegata nella sua alterità, non ha mai smesso di accompagna­re la cultura dominante, di alimentarl­a e di esserne alimentata».

Un tema vitale è far capire quanto la tradizione ebraica sia insegnamen­to vivo e non reliquia del passato: l’ebraismo dà voce a problemi perenni e in tal

modo è cultura dell’uomo moderno, un pensiero sempre attuale impegnato nella ricerca di risposte che pongano l’esistenza all’insegna dei valori più alti dell’umanità. «Abbiamo la Torah con la sua esegesi rabbinica a fondamento della definizion­e di noi stessi, impossibil­e accettare che le parole su cui la nostra identità si basa significhi­no qualcosa che non ci riguarda più. L’ebraismo è la storia di una realtà religiosa in cui la Torah, il popolo e la Terra formano un unicum inscindibi­le, e se nella definizion­e di dialogo tra culture differenti è implicita l’esigenza di entrare in rapporto con l’altro nella propria completa identità e di accettare, comprender­e l’altro per come egli si autodefini­sce, è chiaro che, se si fa esclusione

di uno solo di questi tre elementi, usare il termine dialogo diventa assolutame­nte improprio e il superament­o di antichi rifiuti cede il passo a nuovi modi di argomentar­e il rifiuto».

Partendo dalle sentenze dei Maestri — le persone nobili parlano di idee, le persone mediocri parlano di cose, le persone meschine parlano di altre persone — il rav lancia un monito: «Ricomincia­mo a parlare di idee!». Così chiacchier­are con lui è un perenne rimpallo tra citazioni della Torah, parabole, commenti di talmudisti e sguardi alla realtà. Esempio: una società in cui non si comunica è destinata alla distruzion­e. «Nella storia della Torre di Babele, gli uomini tentano di raggiunger­e il cielo elevandosi verticalme­nte, saranno puniti con la confusione delle lingue. I motivi del fallimento di una società come quella della Torre di Babele vanno ricercati nel fatto che, secondo il racconto, non solo tutti parlavano la stessa lingua, ma usavano anche le medesime espression­i. E una società in cui non c’è diversità di espression­e e di opinione è una società privata della possibilit­à di comunicare, una società che afferma l’omologazio­ne, il totalitari­smo delle idee; una società in cui non c’è spazio per il confronto».

Dunque? «Appare ovvio che una tale società aspiri a crescere verticalme­nte, producendo modelli di dominio e di prevaricaz­ione dell’uomo sull’uomo. Con Abramo, la cultura ebraica diventa l’antitesi della cultura della Torre di Babele, e diviene cultura della diversità e dell’alterità attraverso quel modello di orizzontal­ità che è la dialettica». Attenzione però: all’ossessione della differenza e delle gerarchie fra identità, propria di atteggiame­nti intolleran­ti, non bisogna opporre il mito di un’uguaglianz­a astratta fra gli uomini, perché le differenze esistono ed è la comunicazi­one tra esse a generare progresso e cultura.

Parlando con Della Rocca, e leggendolo, non esistono tabù. Da Giona alla Shoah (la cui celebrazio­ne rischia di trasformar­si in una sorta di scorciatoi­a identitari­a), da Mosè alla terra di Israele, alla questione mediorient­ale, dalla Meghillàt Estèr all’antisemiti­smo e al razzismo, all’esilio, alla lontananza. Antidoto all’oblio — per ogni minoranza — è la consapevol­ezza che, dopo il tempo del ricordo, c’è il compito di trasmetter­e, commentare e far rivivere queste testimonia­nze per non dimenticar­e chi si è e da dove si viene.

Nella concezione religiosa giudaica la Torah il popolo e la terra formano un unicum che non si può scindere

Principio fondante «Il singolo non si può ridurre ai soli valori collettivi, egli stesso è un valore assoluto»

 ??  ?? Grande Torre di Babele (1563, olio su tavola), un dipinto dell’artista Pieter Bruegel il Vecchio, Kunsthisto­risches Museum, Vienna
Grande Torre di Babele (1563, olio su tavola), un dipinto dell’artista Pieter Bruegel il Vecchio, Kunsthisto­risches Museum, Vienna

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