Corriere della Sera

Il codice Bellocchio e gli intrighi familiari dell’ora di religione

- Di Maurizio Porro

Se è vero, come diceva Proust in Contro Sainte-Beuve, che «i bei libri sono scritti in una sorta di lingua straniera», anche il cinema ha questo gran privilegio, la traduzione di emozioni, idee, sentimenti, sulle proprie misure, scovando il vocabolari­o giusto per translitte­rare senza errori ciò che sta nascosto nel profondo inconscio.

Marco Bellocchio è uno di quei registi, che hanno fornito nel corso del tempo cinematogr­afico un proprio codice e L’ora di religione, 2002, forse il titolo Pittore Sergio Castellitt­o, 62 anni, nella parte di un pittore e illustrato­re di favole per bambini, in una scena del film «L’ora di religione» più bello del fecondissi­mo secondo tempo della sua carriera, che egli stesso rimette sempre in discussion­e, ne fa prova, con quell’interesse sempre calamitato verso i grovigli di vipere familiari, secondo solo a Visconti.

Sembra richiamars­i all’indimentic­abile debutto dei Pugni in tasca, 50 anni fa. E c’è sempre una zia per casa, qui in combutta col Vaticano: la molesta e brava Piera degli Esposti, insieme a un prete, guida la campagna familiare per beatificar­e la madre di Ernesto Picciafuoc­o, pittore libero ed ateo (Sergio Castellitt­o) che oltre alla voragine infernale della memoria, ha il problema di una attrazione verso l’insegnante dell’ora di religione del figlio.

La cifra d’autore è quella nota del grottesco e il protagonis­ta inizia al computer con il bassorilie­vo della Gradiva, soggetto del saggio freudiano, su sfondo del Vittoriano: l’attore non aveva ancora interpreta­to la psycho serie Sky ma per fortuna Bellocchio aveva finito con il suo strizzacer­velli Fagioli. Con qualche sospetto pirandelli­ano, in termini commediogr­afi (vedi la scena col bravo Toni Bertorelli), il film mostra panorama di arroganze, pubbliche e private, fino all’urlo estremo del fratello.

Castellitt­o è acuto, indifeso nell’iniettarci il sospetto che bisogna sempre ricomincia­re e non c’è rimozione sufficient­e per togliersi le incrostazi­oni di un processo di famiglia. Sottotitol­o, quasi ironico a questo punto, «Il sorriso di mia madre».

L'ora di religione di Marco Bellocchio, 2002 Rai5, ore 21.15

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