Quei treni fermi a Budapest capitale assediata dai migranti
Assalto ai treni per la Germania, ma la stazione di Budapest è chiusa ai migranti. Il premier Orban, che domani vedrà Juncker, accusa Merkel.
hukran Merkel!», gridano i siriani alla stazione di Budapest. Applaudono, scandiscono, tentano di sfondare e salire sui vagoni per la Baviera: con un grazie sincero alla cancelliera che ha detto va bene, siamo ricchi, i rifugiati politici possono entrare. «Danke Germania...», mormora la ministra austriaca dell’Interno, Johanna Mikl-Leitner, e il garbo è solo una maschera: il suo è un grazie polemico alla generosa Angela perché «voci dicono che Berlino stia mandando addirittura i treni a Budapest a prendere i profughi» e allora, sia chiaro, «è importante che la Germania informi queste persone: nessuno ha sospeso gli accordi di Dublino».
Grazie delle critiche, replica gelida Frau Merkel. Ascolta in conferenza stampa l’inevitabile domanda — lo sa che per il vicepremier ungherese Lazar la colpa di questo caos è solo sua? — e rispedisce al mittente: « Corresponsabilità » , no, la Germania non ne ha.
Europa sull’orlo (o sul confine) d’una crisi di nervi. Dopo aver inondato per dodici giorni i Balcani, scavalcati muri e muretti d’Ungheria e Macedonia, ecco lo tsunami. L’impatto che travolge gli approdi finora più indisturbati d’Europa: la stazione centrale di Keleti a Budapest, oltre seimila migranti; la Westbanhof di Vienna, 3.650 arrivi da lunedì; l’U-Bahn di Monaco, 3.500 accolti nel centro rifugiati allestito di corsa... «Benvenuti!», scrivono sui cartelli le Ong tedesche, ma la Septemberfest dei migranti è appena all’inizio e gli umori altrove sono diversi. Basta camion, i controlli sono troppi — al confine austroungarico ieri c’erano otto chilometri di coda —e i «Tirroristi» devono dirottare la merce umana sui treni: per la prima volta dai tempi del Muro (quello di Berlino), il governo Il 60% dei tedeschi ritiene che l’arrivo in massa dei profughi sia «gestibile». Lo segnala il settimanale Der Spiegel, che pone una serie di domande a partire dalle contestazioni rivolte contro la cancelliera Angela Merkel durante la visita al centro di accoglienza di Heidenau: «Quale Germania prevarrà? La Germania dei canti razzisti? La Germania dei rissaioli e degli ubriachi che lanciano pietre? La Germania buia, come la chiama il presidente Joachim Gauck, o quella luminosa?». È in arrivo un’ondata senza precedenti, che per Der Spiegel può rappresentare «un peso ma anche la possibilità di creare un Paese più cosmopolita e generoso». ungherese è costretto a chiudere alcune ore la stazione internazionale di Keleti. Binari evacuati. Viaggiatori bloccati. Centinaia di poliziotti alle pensiline. Lacrimogeni e manganellate come alla frontiera macedone. Cinquecento disperati che al grido «Germania, Germania!» cercano inutilmente di prendere il Vienna delle 7.10 e si devono poi accovacciare sul piazzale, nei sottopassi, ai parcheggi, bambini sotto un sole da 35 gradi e adulti sotto la spada di Damocle del respingimento.
Circolano costosi passaporti siriani falsi: li vendono i turchi, servono a entrare in Europa con lo status di rifugiato, basta che si parli arabo... «Ho pagato 200 euro di biglietto per Monaco — la protesta di Haider, afghano, 31 anni, gli ultimi quattro da interprete per le truppe americane a Kabul —, questo è il caos peggiore che ho visto in due mesi di viaggio. La polizia ungherese è molto dura. Ma se la Germania ha detto ok all’accoglienza, perché non ci lasciano partire?».
Domande nervose, quest’emergenza ne fa sorgere molte. «Non è scandaloso che certi Paesi dell’Est — s’è chiesto Almeno 12 mila cittadini islandesi (su 330 mila) sono disposti ad accogliere nelle proprie case altrettanti profughi siriani in fuga dalla guerra. In tanti hanno aderito all’appello all’accoglienza lanciato su Facebook dalla professoressa Bryndis Bjorgvinsdottir che ha invitato i suoi concittadini ad aprire le proprie case dopo che il governo di Reykjavik aveva dato disponibilità ad ospitare soltanto 50 rifugiati. Il successo della petizione è stato tale che lo stesso premier, Sigmund David Gunnlaugsson, ha ora convocato una speciale commissione interministeriale per «mappare» le risorse locali e studiare un piano di ospitalità più ampio. due giorni fa il ministro degli Esteri francese, Fabius, provocando una protesta formale di Budapest — non accettino le quote di migranti che accettiamo tutti?». L’Ue aprirà una procedura d’infrazione per i governi, «almeno dieci», che non registrano i rifugiati come si deve e non rispettano gli standard minimi d’accoglienza. « Ma perché ai nostri confini — fa eco il cardinale di Vienna, Schönborn — hanno un millesimo dei profughi che abbiamo noi?». Le risposte sono a tono: «In Europa — dice l’ungherese Lazar — domina il modello di sviluppo delle sinistre, basato sull’accettazione di chiunque».
La replica La cancelliera risponde alle critiche: «Nessuna corresponsabilità della Germania»
E l’ex presidente ceco Vaclav Klaus, grande euroscettico: «Fabius è irritante. Se l’Ue vuole suicidarsi, faccia. Dovrebbe invece cambiare mentalità: l’immigrazione non è un diritto fondamentale dell’uomo». I muri se li stanno facendo in tanti, dall’Estonia alla Bulgaria. L’Ungheria va oltre: convoca per venerdì un vertice con chi la pensa allo stesso modo (polacchi, cechi, slovacchi, baltici) e annuncia che i migranti per povertà, non per guerra, saranno rispediti subito a casa loro. La Commissione Ue per una volta non dà solo torto: tirar su muri è inaccettabile, puntualizza, bloccare i treni o inasprire i controlli no. «Ci felicitiamo con Budapest — dice un comunicato — degli sforzi per mantenere l’ordine e controllare la frontiera esterna»: köszönöm, grazie governo Orbán?