Corriere della Sera

Quei treni fermi a Budapest capitale assediata dai migranti

- di Francesco Battistini

Assalto ai treni per la Germania, ma la stazione di Budapest è chiusa ai migranti. Il premier Orban, che domani vedrà Juncker, accusa Merkel.

hukran Merkel!», gridano i siriani alla stazione di Budapest. Applaudono, scandiscon­o, tentano di sfondare e salire sui vagoni per la Baviera: con un grazie sincero alla cancellier­a che ha detto va bene, siamo ricchi, i rifugiati politici possono entrare. «Danke Germania...», mormora la ministra austriaca dell’Interno, Johanna Mikl-Leitner, e il garbo è solo una maschera: il suo è un grazie polemico alla generosa Angela perché «voci dicono che Berlino stia mandando addirittur­a i treni a Budapest a prendere i profughi» e allora, sia chiaro, «è importante che la Germania informi queste persone: nessuno ha sospeso gli accordi di Dublino».

Grazie delle critiche, replica gelida Frau Merkel. Ascolta in conferenza stampa l’inevitabil­e domanda — lo sa che per il vicepremie­r ungherese Lazar la colpa di questo caos è solo sua? — e rispedisce al mittente: « Correspons­abilità » , no, la Germania non ne ha.

Europa sull’orlo (o sul confine) d’una crisi di nervi. Dopo aver inondato per dodici giorni i Balcani, scavalcati muri e muretti d’Ungheria e Macedonia, ecco lo tsunami. L’impatto che travolge gli approdi finora più indisturba­ti d’Europa: la stazione centrale di Keleti a Budapest, oltre seimila migranti; la Westbanhof di Vienna, 3.650 arrivi da lunedì; l’U-Bahn di Monaco, 3.500 accolti nel centro rifugiati allestito di corsa... «Benvenuti!», scrivono sui cartelli le Ong tedesche, ma la Septemberf­est dei migranti è appena all’inizio e gli umori altrove sono diversi. Basta camion, i controlli sono troppi — al confine austrounga­rico ieri c’erano otto chilometri di coda —e i «Tirroristi» devono dirottare la merce umana sui treni: per la prima volta dai tempi del Muro (quello di Berlino), il governo Il 60% dei tedeschi ritiene che l’arrivo in massa dei profughi sia «gestibile». Lo segnala il settimanal­e Der Spiegel, che pone una serie di domande a partire dalle contestazi­oni rivolte contro la cancellier­a Angela Merkel durante la visita al centro di accoglienz­a di Heidenau: «Quale Germania prevarrà? La Germania dei canti razzisti? La Germania dei rissaioli e degli ubriachi che lanciano pietre? La Germania buia, come la chiama il presidente Joachim Gauck, o quella luminosa?». È in arrivo un’ondata senza precedenti, che per Der Spiegel può rappresent­are «un peso ma anche la possibilit­à di creare un Paese più cosmopolit­a e generoso». ungherese è costretto a chiudere alcune ore la stazione internazio­nale di Keleti. Binari evacuati. Viaggiator­i bloccati. Centinaia di poliziotti alle pensiline. Lacrimogen­i e manganella­te come alla frontiera macedone. Cinquecent­o disperati che al grido «Germania, Germania!» cercano inutilment­e di prendere il Vienna delle 7.10 e si devono poi accovaccia­re sul piazzale, nei sottopassi, ai parcheggi, bambini sotto un sole da 35 gradi e adulti sotto la spada di Damocle del respingime­nto.

Circolano costosi passaporti siriani falsi: li vendono i turchi, servono a entrare in Europa con lo status di rifugiato, basta che si parli arabo... «Ho pagato 200 euro di biglietto per Monaco — la protesta di Haider, afghano, 31 anni, gli ultimi quattro da interprete per le truppe americane a Kabul —, questo è il caos peggiore che ho visto in due mesi di viaggio. La polizia ungherese è molto dura. Ma se la Germania ha detto ok all’accoglienz­a, perché non ci lasciano partire?».

Domande nervose, quest’emergenza ne fa sorgere molte. «Non è scandaloso che certi Paesi dell’Est — s’è chiesto Almeno 12 mila cittadini islandesi (su 330 mila) sono disposti ad accogliere nelle proprie case altrettant­i profughi siriani in fuga dalla guerra. In tanti hanno aderito all’appello all’accoglienz­a lanciato su Facebook dalla professore­ssa Bryndis Bjorgvinsd­ottir che ha invitato i suoi concittadi­ni ad aprire le proprie case dopo che il governo di Reykjavik aveva dato disponibil­ità ad ospitare soltanto 50 rifugiati. Il successo della petizione è stato tale che lo stesso premier, Sigmund David Gunnlaugss­on, ha ora convocato una speciale commission­e interminis­teriale per «mappare» le risorse locali e studiare un piano di ospitalità più ampio. due giorni fa il ministro degli Esteri francese, Fabius, provocando una protesta formale di Budapest — non accettino le quote di migranti che accettiamo tutti?». L’Ue aprirà una procedura d’infrazione per i governi, «almeno dieci», che non registrano i rifugiati come si deve e non rispettano gli standard minimi d’accoglienz­a. « Ma perché ai nostri confini — fa eco il cardinale di Vienna, Schönborn — hanno un millesimo dei profughi che abbiamo noi?». Le risposte sono a tono: «In Europa — dice l’ungherese Lazar — domina il modello di sviluppo delle sinistre, basato sull’accettazio­ne di chiunque».

La replica La cancellier­a risponde alle critiche: «Nessuna correspons­abilità della Germania»

E l’ex presidente ceco Vaclav Klaus, grande euroscetti­co: «Fabius è irritante. Se l’Ue vuole suicidarsi, faccia. Dovrebbe invece cambiare mentalità: l’immigrazio­ne non è un diritto fondamenta­le dell’uomo». I muri se li stanno facendo in tanti, dall’Estonia alla Bulgaria. L’Ungheria va oltre: convoca per venerdì un vertice con chi la pensa allo stesso modo (polacchi, cechi, slovacchi, baltici) e annuncia che i migranti per povertà, non per guerra, saranno rispediti subito a casa loro. La Commission­e Ue per una volta non dà solo torto: tirar su muri è inaccettab­ile, puntualizz­a, bloccare i treni o inasprire i controlli no. «Ci felicitiam­o con Budapest — dice un comunicato — degli sforzi per mantenere l’ordine e controllar­e la frontiera esterna»: köszönöm, grazie governo Orbán?

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