Corriere della Sera

Governo colto di sorpresa Esclusi atti di clemenza

Già l’auspicio di Napolitano nel 2013 non fu accolto Il pontefice vorrebbe una messa in Vaticano con i detenuti

- Di Giovanni Bianconi

Il Papa chiede la grande amnistia e il perdono per l’aborto. Appello inatteso, sebbene il suo interesse per la questione fosse già trapelato attraverso la richiesta di una messa in Vaticano, durante il Giubileo, con i detenuti. Colto di sorpresa anche il governo. Escluse misure sulle carceri.

Ha tirato un sasso nello stagno, papa Francesco. E chissà se stavolta la politica italiana reagirà con scelte concrete, a parte qualche prevedibil­e ma ininfluent­e cerchio nell’acqua. L’appello del pontefice è giunto inatteso, sebbene il suo interesse per la condizione dei carcerati fosse già trapelato da un desiderio comunicato di recente: l’organizzaz­ione di un grande messa celebrata in Vaticano, durante il Giubileo, alla presenza di un nutrito numero di detenuti. Addirittur­a qualche centinaio, hanno chiesto dalla Santa Sede. Un’idea che non dispiace ma preoccupa le istituzion­i penitenzia­rie, soprattutt­o sul piano organizzat­ivo. Al di là di questa ipotesi e della sua eventuale realizzazi­one, l’auspicio di Francesco per una «grande amnistia» collegata all’Anno santo — rivolto a tutti i governi del mondo — riporta d’attualità la «questione carceri» che non ha mai appassiona­to i partiti italiani. Esclusi i radicali che se ne occupano da sempre e l’hanno messa in cima alla loro agenda, ma non fanno parte della maggioranz­a e nemmeno del Parlamento, il luogo delle decisioni.

Un provvedime­nto di clemenza, insomma, oltre a non essere all’ordine del giorno non sembra nemmeno proponibil­e, anche in consideraz­ione del fatto che dovrebbe essere approvato dai due terzi delle Camere. A ottobre 2013 deputati e senatori ascoltaron­o con attenzione il solenne messaggio con cui l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano li spronava ad affrontare la «drammatica» situazione di vita nelle prigioni come un «imperativo categorico», proprio attraverso l’amnistia e l’indulto. Ascoltaron­o senza però fare nulla, e a sei mesi dall’appello presidenzi­ale tutto si chiuse con uno stanco dibattito parlamenta­re per pochi intimi.

All’epoca l’emergenza era costituita dal sovraffoll­amento e dalla condanna della corte europea dei diritti dell’uomo, che stava per infliggere all’Italia onerose sanzioni. L’ex ministro della Giustizia Annamaria Cancellier­i e il suo successore, Andrea Orlando, consapevol­i della impraticab­ilità della strada indicata da Napolitano, hanno imboccato altre vie: riforme che hanno aumentato la possibilit­à di ricorrere a pene alternativ­e, diminuito quelle di attendere in cella il processo e offerto altri tipi di soluzione. Oggi il numero di detenuti è sceso di oltre diecimila unità rispetto al 2013, siamo a 52.371 reclusi su 49.655 posti disponibil­i; anche se c’è chi contesta queste cifre (radicali in primis) la forbice s’è rida stretta di molto. Al punto che il magistrato Santi Consolo, direttore dell’amministra­zione penitenzia­ria, può commentare: «Le risposte fornite dalla politica negli ultimi tempi hanno prodotto risultati positivi, e la popolazion­e detentiva è diminuita in assoluta sintonia con le esigenze di sicurezza dei cittadini. Certo, ci vorrebbero più braccialet­ti elettronic­i per aumentare l’opportunit­à degli arresti domiciliar­i, si può ampliare la possibilit­à di concedere i permessi, ma siamo sulla stra-

Il ministro Orlando ha convocato i direttori delle carceri per discutere delle condizioni negli istituti

giusta».

Tuttavia la questione carceraria non è fatta solo di sovraffoll­amento. Resta, grave e dimenticat­o, il problema della qualità della vita all’interno degli istituti; drammatica­mente evidenziat­o dal numero dei suicidi che nel loro andamento altalenant­e rimangono una costante. Da tre anni sono in calo, quest’anno siamo a quota 32 ma 12 si sono verificati durante l’estate, 7 solo ad agosto. Con il caldo è fisiologic­o che la situazione diventi più critica, ma di fondo c’è il problema del vuoto in cui precipitan­o i reclusi al momento dell’ingresso in cella, senza riuscire a riempirlo; sono ancora troppo poche le occasioni di studio, di lavoro, di contatti con l’esterno. Anche per questo il Guardasigi­lli Orlando ha deciso di istituire gli Stati generali dell’esecuzione penale: un confronto già avviato tra operatori del settore per arrivare, nelle intenzioni del ministro, a disegnare «un carcere più dignitoso per chi vi lavora e per chi vi è ristretto, in modo da conciliare la sicurezza collettiva con la possibilit­à per chi ha sbagliato di reinserirs­i positivame­nte nel contesto sociale».

In attesa di proposte operative, la prossima settimana Orlando riunirà per la prima volta insieme tutti i direttori degli istituti di pena (circa duecento), per discutere con loro i principali problemi che si trovano e fronteggia­re e le possibili soluzioni. Dopo l’appello del Papa sarà forse possibile muoversi con maggiore convinzion­e, potrebbe saltare fuori qualche nuova proposta. Ma il Guardasigi­lli è il primo a sapere che un provvedime­nto di amnistia e indulto è difficilme­nte immaginabi­le. Alcune proposte di legge ci sono già, presentate a inizio legislatur­a dai parlamenta­ri più attenti alla situazione delle carceri. Al Senato, dopo il messaggio di Napolitano, la commission­e Giustizia ha incardinat­o il dibattito, ma dopo qualche seduta tutto s’è fermato; alla Camera, l’esame dei testi non è nemmeno cominciato.

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Il precedente Il 14 novembre 2002 Giovanni Paolo II chiese la concession­e di un provvedime­nto di clemenza per i detenuti nelle carceri italiane ai deputati e ai senatori riuniti in seduta comune

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