Corriere della Sera

Monza, Ecclestone alza il prezzo

Richieste onerose del boss della F1, decisivi i prossimi giorni di trattativa

- Di Arianna Ravelli

Mai sottovalut­are Bernie Ecclestone, che ora alza il prezzo. Sarebbe un errore pensare che non può sostituire un circuito come Monza (da domani il Gp d’Italia) con un impianto posizionat­o chissà dove.

L’errore più grave adesso sarebbe pensare: non può farlo. Non può eliminare dal calendario di Formula 1 uno dei pochi circuiti storici ancora rimasti, uno dei pochissimi (assieme a Montecarlo, Silverston­e, Spa, Montreal) che riempiono il cuore degli appassiona­ti e attirano le tv ( che peraltro registrano un calo degli ascolti). Mai sottovalut­are Bernie Ecclestone. Bernie Ecclestone può farlo: infischiar­sene della storia, del fascino «del tempio della velocità» e sostituire un circuito come Monza (da domani pronto a ospitare l’86ª edizione del Gp d’Italia) con i soldi di un anonimo impianto in Azerbaijan (Baku è già in calendario per l’anno prossimo) o con qualche altro Paese pronto a compilare assegni a molti zeri. Può sempliceme­nte cancellare Monza e restare con una gara in meno in calendario (nel 2016 saranno 21: troppe), può alimentare una (per la verità non troppo credibile) concorrenz­a tutta tricolore con Imola o con il Mugello. Può, come ha fatto con il Gp del Canada, cancellare il Gp per un anno, per poi rimettersi a trattare. In fondo, in questa stagione è già saltato un altro classico, il Gp di Hockenheim.

È un giochino che il boss della F1 ha sempre condotto con una straordina­ria abilità: allargare di continuo i confini del Circus, mettere un circuito contro l’altro, far partire l’asta, incassare di più. Bernie ha portato la F1 nell’Ungheria ancora comunista, in un Paese islamico come la Malesia (nel ‘99: era la prima volta), nel deserto di Yeongam in Corea (il circuito doveva svolgersi dentro una città, ma la città non è mai sorta). Una giusta apertura al mondo, che però rischia di perdere le radici di questo sport.

La minaccia per Monza non è nuova, in una certa misura rientra nel rituale che anticipa ogni trattativa e sono in molti a giurare che le parti, in realtà, non sono così distanti. Ma il rischio c’è ed è concreto (ed è un rischio anche economico, visto che il Gp porta un indotto di 24,6 milioni e un ritorno d’immagine ancora superiore).

Al Corriere, Ecclestone ha chiarito il suo pensiero: «Una volta gli organizzat­ori facevano quello che volevano, ora il mondo è cambiato. Se non vuole perdere la F1, Monza sa cosa deve fare». Cioè, pagare il doppio di quanto (10 milioni) prevede il contratto in vigore fino al 2016 (compreso). La trattativa è in corso, e trattare con Ecclestone (uno che ha cominciato vendendo auto usate) non è la cosa più facile del mondo. Lo sa bene l’ex pilota Ivan Capelli ora presidente dell’Aci Milano che nel weekend cercherà di sedersi attorno a un tavolo con Bernie: «Rinnovando il contratto noi ci prendiamo un impegno importante e una responsabi­lità che può ricadere anche su chi verrà dopo di noi — spiega Capelli —. Ecco perché dobbiamo lasciare in eredità qualcosa di sostenibil­e».

Aci Milano, assieme alla Sias che gestisce il circuito, ha già ottenuto l’appoggio della Regione Lombardia. « Siamo pronti a investire 70 milioni in dieci anni per potenziare l’Autodromo e valorizzar­e l’intero sistema del Parco di Monza, ma solo a condizione che il Gp d’Italia resti a Monza», ha precisato ieri il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni che poi ha riservato a Bernie anche una battuta: «Ecclestone è inglese. Visto che l’Inghilterr­a chiede la sospension­e di Schengen, facciamo che lui può venire qui solo se firma il contratto, altrimenti non lo faremo entrare». In attesa dell’unica che conta, di firme la Regione ne ha già raccolte 40mila tra gli appassiona­ti. «Le consegnerò a Ecclestone». Servirà altro: alzare l’offerta, magari inserendo nella trattativa la gestione di una palazzina destinata a ospiti e attività commercial­i (che ora frutta agli organizzat­ori 3 milioni) sulla quale Bernie ha messo gli occhi. «La F1 senza Monza non è più la F1 — ha aggiunto Maroni —. Se la Ferrari sostenesse questa nostra posizione dicendo: “Se non viene rinnovato il contratto a Monza, noi non corriamo più in F1 il problema si risolvereb­be…».

Ecco, la Ferrari: pur non essendo parte in causa, la Rossa da sempre difende Monza ed è pronta a far valere il proprio peso politico.

Il rischio economico Il Gran Premio porta un indotto di 24,6 milioni e un ritorno d’immagine ancora superiore

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