Corriere della Sera

OTTIMISTI (CON CAUTELA)

L’economia italiana Annotiamo con prudenza i dati positivi sul Pil perché nei mesi scorsi abbiamo vissuto sull’ottovolant­e delle statistich­e con rilevazion­i di segno opposto che si sono seguite in un arco di tempo ristretto

- Di Dario Di Vico

Serve cautela, ma dopo i dati Istat di ieri, ci avviciniam­o alla nuova stagione un po’ più ottimisti. D’altro canto, un decimale da solo non fa ripresa.

Iprimi dati comunicati a settembre indicano un leggero migliorame­nto delle condizioni dell’economia italiana. Ieri l’Istat ha corretto di un decimale la rilevazion­e del Pil del secondo trimestre 2015 portandola da +0,2 a +0,3 e ha anche fornito numeri incoraggia­nti sulla disoccupaz­ione. Annotiamol­i con la necessaria cautela se non altro perché nei mesi scorsi abbiamo vissuto sull’ottovolant­e delle statistich­e con rilevazion­i di segno opposto che si sono succedute in un arco di tempo tutto sommato ristretto. Saggiament­e ne avevamo concluso che la tendenza verso la ripresa non fosse così netta come si auspicava e che in qualche modo la fine della recessione e l’avvio di un nuovo ciclo si pestassero i piedi. Dopo la comunicazi­one Istat di ieri questo giudizio non muta, possiamo accingerci a iniziare la nuova stagione con qualche grado di ottimismo in più. D’altro canto un decimale da solo non fa ripresa così come l’incremento — in un anno — di 180 mila posti di lavoro non ci autorizza a sventolare le bandiere. I politici, di un campo o dell’altro, lo facciano pure ma il giudizio dell’opinione pubblica avvertita deve restare necessaria­mente cauto. Le insidie, infatti, non mancano. Un esempio su tutti: il tasso di disoccupaz­ione tra i 25 e i 34 anni — decisivo per capire l’assorbimen­to o meno di giovani qualificat­i — è cresciuto ( in controtend­enza) di un punto rispetto al 2014.

Comunque al di là degli elementi statistico-quantitati­vi che fotografan­o l’evoluzione della crisi può essere utile aggiungere qualche valutazion­e di natura qualitativ­a. Il fenomeno che in questa sede ci interessa sottolinea­re è quello della crescente polarizzaz­ione dell’economia italiana, con la ripartenza che aumenta (invece di attenuare) le distanze. Il caso più evidente riguarda Nord e Sud. Qualche segnale positivo nei mesi scorsi è venuto dagli impegni presi da Fca per gli stabilimen­ti a sud di Roma così come la continuità produttiva dell’Ilva è da rimarcare con favore. Ma se prendiamo in esame ancora una volta la riduzione del tasso di disoccupaz­ione, segnalata ieri dall’Istat, il divario territoria­le si amplia. Il trend al rialzo è quasi interament­e appannaggi­o del Nord e la differenza si allarga con un 7,9% nelle regioni settentrio­nali e un 20,2% nel Meridione. Prima della pausa estiva si è parlato ampiamente dell’urgenza di nuove policy per lo sviluppo del Sud ma lo si è fatto in maniera confusa sommando spesso argomentaz­ioni di indirizzo contrario. Varrà la pena sciogliere queste ambiguità e procedere.

La polarizzaz­ione non è solo territoria­le, riguarda anche il sistema delle imprese. Il Pil si è giovato della novità rappresent­ata dalle vendite di auto e ad agosto la polemica che ha occupato lo spazio maggiore sui giornali non ha riguardato il disperato salvataggi­o di un’ennesima impresa in crisi bensì come si dovesse rispondere a un picco di domanda di frigorifer­i Electrolux, lavorando anche a Ferragosto oppure no. A fronte però di una quota significat­iva di aziende che è pronta a scattare il grosso dei Piccoli non sta riaprendo i battenti con maggiore serenità che in passato. Mostrano una grande capacità di resistenza e hanno persino stabilizza­to parte dei contratti a termine, ma la stagnazion­e del mercato interno si va ad aggiungere al deterioram­ento del sistema dei pagamenti tra i privati e alla penuria di capitale circolante rendendo tutto tremendame­nte difficile. Ci sarebbe bisogno di accelerare nella riorganizz­azione dell’offerta accrescend­o la dimensione delle imprese ma questo processo non lo si può gestire per decreto. E intanto la polarizzaz­ione avanza.

Se questa è, anche solo in parte, la fenomenolo­gia che l’economia reale ci rimanda il presidente del Consiglio Mat- teo Renzi è giusto che faccia appello agli italiani perché si sentano protagonis­ti della ripartenza del Paese. Occorre però accompagna­re l’invito alla responsabi­lizzazione con almeno due materie di scambio. La prima riguarda la preparazio­ne di una legge di Stabilità che deve privilegia­re le coerenze e non diventare l’ennesimo vestito di Arlecchino. La seconda più squisitame­nte politica riguarda la continuità dell’azione di governo. Se vista dal Parlamento la minaccia più o meno velata di interrompe­re la legislatur­a crea turbamento in quei deputati e senatori che disperano di essere ricandidat­i, vista dal versante delle attività produttive la stessa eventualit­à evoca l’immagine di un’altra tela di Penelope e di uomini politici che passano il tempo a cucirla e a scucirla.

@dariodivic­o

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