Il segnale rivolto (anche) ai lefebvriani
Asorpresa il documento di ieri contiene un gesto di misericordia — per usare il linguaggio di Francesco — verso il movimento lefebvriano, cioè verso la componente più tradizionalista del mondo cattolico, che guarda a Bergoglio come al più «pericoloso» tra i Papi «conciliari». Non è la prima volta che Francesco sorprende chi lo considera un innovatore settario.
I lefebvriani si sentono legati alla liturgia di prima del Vaticano II e sono nemici delle sue riforme, non accettano la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa e il dialogo ecumenico. Hanno 586 sacerdoti e sono presenti — affermano — in 70 Paesi. I fedeli sono forse centomila. Il Papa ha stabilito che se quei fedeli ricorreranno ai loro sacerdoti per le pratiche giubilari «riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati».
A guida del movimento lefebvriano (che prende nome dal vescovo francese Marcel Lefebvre, 1905-1991) si trova la Fraternità di San Pio X che — ha stabilito papa Benedetto — «non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri non esercitano in modo legittimo alcun ministero». Dunque non avrebbero la facoltà di confessare. Ma «questo Anno giubilare della Misericordia non esclude nessuno», scrive Francesco.
Un’analoga mano tesa ai lefebvriani era venuta da Giovanni Paolo II in occasione del Grande Giubileo dell’anno 2000, con l’autorizzazione a un pellegrinaggio a Roma, dove poterono pregare in San Pietro, sulla tromba di San Pio X, il papa della condanna del modernismo, al quale si rifanno.
Il gesto giubilare di Francesco potrebbe favorire il rientro di questi ambienti nella Comunione cattolica: con papa Benedetto vi si era arrivati vicini, poi il negoziato si era interrotto. Il pragmatismo di Bergoglio potrebbe facilitarne la ripresa.