Corriere della Sera

Quei 2800 emendament­i sui senatori eletti

Muro contro muro sulla riforma. Il fronte filogovern­ativo teme le scelte di Grasso e confida in Finocchiar­o Secondo un sondaggio Piepoli nessun partito sopra il 40%: Pd con Ncd perde 4 punti e viene sorpassato dal M5S

- Monica Guerzoni

Il faccia a faccia tra Renzi e Bersani sembra un miraggio di fine estate e il senatore dissidente del Pd Miguel Gotor non vede accordi all’orizzonte: «Renzi sta parlando con tutti, dai Cinquestel­le ai transfughi di Verdini, tranne che col suo partito... Farebbe votare la riforma del Senato persino ai commessi, pur di non avere bisogno della sua minoranza».

Avanti così dunque, in attesa che il presidente del Senato Pietro Grasso torni dal vertice dei presidenti dei Parlamenti di New York e decida se l’articolo 2 del ddl Boschi, tra le righe del quale è scritto il destino del governo, vada riaperto oppure no. Per i 25 della minoranza che tengono in pugno la maggioranz­a quel passaggio va rivisto, così da poter introdurre l’elezione diretta dei senatori. Mentre per i renziani non si tocca, pena il disfarsi della tela della ministra Boschi.

Ma se la minoranza spera nel presidente Grasso, il fronte filogovern­ativo confida in Anna Finocchiar­o. La quale, se il passaggio della Commission­e non verrà saltato a pie’ pari, dovrà deliberare per prima sull’ammissibil­ità degli oltre 500 mila emendament­i: dai dati ufficiosi «solo» 2.800 riguardano l’articolo 2 e circa 400 mila l’articolo 10. I renziani descrivono la presidente della Affari costituzio­nali «determinat­a a tenere il punto» sull’intangibil­ità dell’articolo 2 e si sono convinti che il niet di una veterana del Parlamento, stimata non solo a sinistra, possa condiziona­re il successivo parere della seconda carica dello Stato.

Il nodo è sempre lo stesso: la modifica lessicale introdotta al comma 5 nel passaggio alla Camera consente di rivedere l’intero articolo 2? Per i renziani la scelta di emendarlo integralme­nte sarebbe «inaccettab­ile, priva di appigli giuridici». E la speranza è che Grasso si limiti a riaprire i giochi sull’ormai celebre preposizio­ne modificata al comma 5, dove «nei» è diventato «dai».

Forza Italia si prepara a votare «convintame­nte» no, come ha anticipato al Corriere Paolo Romani. Eppure Ettore Rosato si dice «per nulla preoccupat­o dei numeri» e ricorda che non servono 161 voti per approvare la riforma: «Il Pd si ritroverà nell’unità e nella responsabi­lità». Ma intanto, tra il Nazareno e Palazzo Chigi, si soppesano le dichiarazi­oni dei bersaniani per capire se il loro vero obiettivo sia salvaguard­are la Costituzio­ne o, piuttosto, sabotare il governo, magari per qualche poltrona in un Renzi bis. Voci e sospetti che Doris Lo Moro smentisce, pur confermand­o di avere i numeri per fermare il premier: « Noi aspettiamo un’apertura vera. Il peccato originale è non aver tenuto conto del mancato voto di alcuni di noi sull’Italicum. Era un segnale chiaro, quel giorno è iniziata un’altra storia». Si rischia la scissione? «O ci si ascolta, o non ci sono le condizioni». Volete far cadere il governo? «No — smentisce la senatrice —. È ipocrita dirlo, loro sanno bene che ci stiamo spaccando sul merito. Noi non vogliamo che il governo cada, ma è chiaro che senza i nostri voti non passa più niente». E se Federico Fornaro si dice «amareggiat­o perché la riforma si è ridotta al pallottoli­ere di Lotti», Gotor ricorda quanto sia stato «saggio Grasso, nel dire che in aula bisogna arrivarci con un accordo preventivo». Ad agitare il Pd arriva un sondaggio Piepoli, secondo cui nessun partito è in grado di superare il 40%. Renzi alleato con l’Ncd perderebbe 4 punti, dal 32 al 28, i «dem» si vedrebbero scavalcati dal M5S (29%) e insidiati dall’alleanza tra Fi e Lega (26%).

In Aula La bersaniana Doris Lo Moro conferma che i numeri per fermare il premier ci sono

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy