Caste e quote, il giovane (ricco) che sfida Modi
A 22 anni guida la rivolta, nel Gujarat, del clan dei Patel: «Troppi aiuti agli intoccabili»
e nelle università ai più svantaggiati. Il 25 agosto, Hardik aveva mostrato la sua forza, portando in piazza, ad Ahmedabad, 500 mila Patel di tutto lo Stato. Una mobilitazione cominciata quando il giovane capo popolo aveva toccato con mano la «discriminazione». Sua sorella era stata scartata al college, mentre nel villaggio ogni membro del clan aveva una storia simile da raccontare: una facoltà che aveva detto di «no», un’amministrazione che aveva respinto la richiesta di impiego perché, semplicemente, i Patel «sono considerati ricchi».
In effetti, il clan, dieci milioni di individui su 60 milioni di abitanti del Gujarat — che è, non dimentichiamolo, lo Stato che il premier Modi guidò a partire dal 2001 prima di essere lanciato a New Delhi — ha in mano l’economia della regione, in particolare il taglio dei diamanti e le piccole imprese, oltre che l’influenza sufficiente per fare e disfare le fortune di molti politici. Ha destato perciò molta sorpresa la presa di posizione di Hardik Patel contro il sistema delle caste. Perché, se è vero che formalmente in India non esistono più, di fatto regolano la vita quotidiana del miliardo e 200 milioni di abitanti del Subcontinente. Patel compresi: che finora hanno potuto sfruttare a proprio vantaggio la fortuna di trovarsi a mezza strada tra gli «intoccabili» e i «bramini».
Ma i soldi non sono tutto. E per Hardik, oggi, è più importante avere l’opportunità di entrare in una buona università — con l’idea di ottenere posti di rilievo in Patria o all’estero — che rimanere nel ciclo produttivo locale, con alti, sì, ma anche bassi e imprevedibili momenti di crisi. Dunque la «rivoluzione all’incontrario» dei Patel è destinata a continuare: « Modi, da New Delhi, è meglio che provi ad ascoltarci: noi lo abbiamo fatto, noi lo possiamo distruggere».