«Scoperta» l’Atlantide britannica
Il ghiaccio si ritira, il fuoco avanza. Quest’anno sono già andati in fumo oltre 2 milioni di ettari di foresta in Alaska. Li chiamano «megafire», megafuochi, e rappresentano l’ultimo scenografico avvertimento per gli scettici: il riscaldamento del pianeta è in atto. Nel numero speciale sulle foreste pubblicato il 21 agosto, la rivista Science fotografa la pressione esercitata su questo ecosistema boreale: temperature in crescita e siccità rendono il sottobosco infiammabile, i temporali portano poca pioggia e molti fulmini.
È un fenomeno in crescita che devasta il grande Nord bianco e verde dell’America. Colpisce specie abituate agli incendi, ma non tanto vasti, violenti, frequenti. Di questo passo in molte zone le conifere cederanno il passo ad altri alberi, gli aghi saranno sostituiti da foglie che cadono. L’Alaska sarà meno sempreverde.
La specie dominante nello Stato più settentrionale d’America è la Picea mariana, «black spruce» nel linguaggio comune. Secondo gli studi sui pollini sono cinquemila anni che caratterizza questi paesaggi. Finora aveva prosperato sui piccoli fuochi, perché conserva i suoi semi in coni che si aprono con le fiamme favorendo la propagazione. Ma se l’incendio arriva a consumare il tappeto organico ai piedi degli alberi bruciati, le conifere non rinascono. La battaglia darwiniana viene vinta dai pioppi, che crescono più in fretta e resistono meglio alle fiamme.
Le rilevazioni sul campo concordano con le immagini da satellite, sostiene Jill Johnstone dell’Università dell’Alaska, che ha studiato il megafuoco del 2004 e gli altri incendi dell’ultimo mezzo secol o . P e r ve d e r e b e n e i cambiamenti dallo spazio basta usare dei sensori che rilevano la luce alle lunghezze d’onda Ora è solo un enorme banco di sabbia di 17.600 chilometri quadrati fra il Regno Unito e la Danimarca, nel pieno del Mare del Nord. Ma 7.500 anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione, «Dogger» era terra emersa e abitata da quello che viene sempre più spesso chiamato «il popolo dell’Atlantide britannica», un’area poi sommersa a causa dello scioglimento dei ghiacci. Ora il Regno Unito, grazie a 2,5 milioni di euro di finanziamento dell’Ue, ha avviato una ricerca archeologica per scoprire i segreti di queste tribù dell’Età della Pietra. Le colline di Dogger divennero prima isole, poi vennero sommerse mentre le popolazioni si ritirarono nei punti più alti. Poco si sa di queste genti, delle loro abitudini e dei loro usi. Una civiltà misteriosa che l’Università di Bradford vuole indagare con spedizioni sottomarine su quelli che oggi sono i Dogger Banks, i banchi di sabbia di Dogger.