Corriere della Sera

FRAGILE INTESA IN SUD SUDAN MA LA PACE NON C’È ANCORA

- Michele Farina mikele_farina © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Appuntamen­to a Rio o all’Aja, alle Olimpiadi o alla Corte Penale Internazio­nale? Agosto ha portato due vittorie al Sud Sudan, il più giovane (e il più stremato) Stato del mondo: l’ammissione ai Giochi e la firma dell’ennesimo accordo sotto la tenda della pace. Il presidente Salva Kiir e il suo ex vice Riek Machar una settimana fa hanno promesso di terminare il conflitto scoppiato nel dicembre 2013, due anni dopo l’indipenden­za. Uno scontro che ha preso il profilo infernale di una guerra con diversi sotto-conflitti. Forse 100 mila i morti, oltre 2 milioni di sfollati, il 70% dei 12 milioni di abitanti senza cibo, tra gli appelli troppo inascoltat­i delle organizzaz­ioni umanitarie. Con i Paesi intorno (in prima linea Sudan e Uganda) a sostenere le opposte fazioni, con i mercanti di armi a fare affari. La nuova pace si spera meno fragile rispetto alla decina di rimangiati accordi che l’hanno preceduta.

L’America di Obama ha tuonato contro il governo di Juba che non voleva firmare, la Cina si è impegnata più del solito nel negoziato. Ora, Washington e Pechino si dimostrino alleati nel proteggere un’intesa preziosa quanto risicata, che di fatto prevede il ritorno al passato. Machar ancora vice di Kiir, governo di unità nazionale entro 90 giorni, in carica per 30 mesi, nuove elezioni nei successivi 30 giorni.

Non può mancare una Commission­e Verità e Riconcilia­zione sulle violazioni dei diritti umani. Da dove cominciare: la schiavitù di migliaia di bambini soldato? Le ragazze violentate e poi bruciate nelle capanne? Le torture atroci e fantasiose, come i carboni ardenti messi nelle mani di una donna per costringer­la a rivelare un nascondigl­io di uomini in armi? La verità è che sia Kiir che Machar dovrebbero finire davanti alla Corte dell’Aja. Eppure, per il bene della gente del Sud Sudan, dobbiamo sperare che si ritrovino sorridenti in uno stadio di Rio, il prossimo agosto, a tifare per la sedicenne Margrat Rumat Hasan nei 400 metri. Si allena in Kenya, Margrat. I suoi coetanei in patria, quelli che non sono morti, sanno cosa vuol dire correre per la vita.

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