Corriere della Sera

Google, accuse di monopolio anche in India

Per l’Antitrust il motore di ricerca ha abusato della posizione dominante. Le indagini Usa e Ue

- @massimosid­eri Massimo Sideri

Il nuovo logo un po’ vintage e «pastelloso» comparso ieri sulla home page del motore di ricerca più famoso al mondo non ha portato particolar­e fortuna a Google: dopo tre anni di indagini l’Antitrust indiano ha concluso che la società «abusa della propria posizione dominante».

Sembra una eco di quanto sta già accadendo, da anni, in Europa, peraltro dietro richiesta di società americane. Sotto la lente in India c’è AdWords, il servizio di vendita di pubblicità online che alimenta il bilancio Google.

Di fatto la società è geografica­mente accerchiat­a, in termini di authoritie­s. Anche negli Usa il gruppo che ha di recente cambiato il nome in Alphabet (Google rimane il nome della società del motore di ricerca) ha dovuto affrontare in passato accuse di comportame­nti scorretti («unfair») nei confronti dei propri concorrent­i anche se non hanno portato a nulla.

Nella sostanza comunque tutte le accuse, negate dalla società, sembrano incrinare il mito di un algoritmo «duro e puro» che darebbe ai risultati una neutralità scientific­a.

I controlli dei watchdog hanno anzi dimostrato che quando il risultato è legato a uno dei servizi della casa madre riceve un trattament­o privilegia­to.

Ci vuole poco per cambiare la gerarchia della conoscenza. Con la stragrande maggioranz­a delle ricerche che non vanno oltre la prima pagina di risultati bastano pochissimi centimetri più in alto o più in basso per alimentare il successo o determinar­e l’insuccesso di un servizio. Ma anche per questo è difficile dimostrarl­o.

In India Google è utilizzato da circa 300 milioni di persone: una porzione del Paese che ne conta oltre 1,2 miliardi. Ma il numero rappresent­a poco meno dell’intera popolazion­e degli Usa.

Una curiosità: dalle 714 pagine del report dell’Antitrust indiano emerge che le indagini sono partite a causa di una denuncia da parte di Bharat Matrimony, una società di matrimoni online che in India hanno un’importanza sociale ma anche economica fondamenta­le. Partecipar­e a un matrimonio indiano, per i fortunati occidental­i che hanno avuto la fortuna di avere un amico che si sposa nel Paese, è un’esperienza indimentic­abile.

Qualcuno avrebbe dovuto avvertire Google (che peraltro ha diversi top manager indiani).

L’Antitrust si deve ancora esprimere su una multa per la società. Ma nel frattempo Google, che ha negato ogni addebito, sta preparando la risposta da dare all’Autorità indiana.

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Larry Page, cofondator­e di Google, sarà il ceo di Alphabet, la nuova conglomera­ta di controllo di tutte le attività
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