Corriere della Sera

La Mostra dei nuovi talenti

Sedici registi (molti esordienti) per la prima volta in gara: una sfida dall’America all’Italia

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Valerio Cappelli

VENEZIA Fa uno strano effetto parlare di montagne dalle basse rive del Lido di Venezia, ma bisogna fare i conti con la Mostra di Venezia che comincia oggi con Everest, il film (fuori gara) di Baltasar Kormakur con Jake Gyllenhaal, Keira Knightley e altre celebrità, che narra una drammatica spedizione del 1996 in cui, nel mezzo di una tempesta di neve, morirono cinque scalatori e tre soccorrito­ri. In fondo, questo film spettacola­re riassume come meglio non si potrebbe il senso della 72ª edizione: come accade per un giovane autore o attore, la montagna insegna a stare attenti ai nostri passi, a scoprire i nostri limiti, com’è fatto il nostro corpo. Recitare è una scalata. E il direttore della Mostra Alberto Barbera dice che ora, scomparsi (o appannati) i cineasti di riferiment­o degli anni 70, consapevol­e che la prima scelta si fa a Cannes, tocca a una nuova generazion­e: «Venezia ha fatto un’operazione di scouting sui maestri del futuro». Sarà la Mostra dei debuttanti: non era mai successo che 16, su 22 registi (i film sono 21, ma Anomalisa porta la doppia firma di Charlie Kaufman e Duke Johnson), fossero in concorso (e in Orizzonti e nelle Giornate degli autori non è da meno la carica degli esordienti).

Una delle novità è rappresent­ata dall’italiano Piero Messina, che per il suo esordio, L’attesa, ha avuto un pezzo da novanta, Juliette Binoche. Messina è con la moglie, in dolce attesa: «Il nostro secondo figlio dovrebbe nascere il 5, il giorno in cui sono in gara. Ci ho messo quattro anni a scrivere questo film. Il produttore mi chiese: chi vorresti avere come protagonis­ta? Ho detto la Binoche, sembravo un pazzo megalomane. Dopo una settimana ero a casa sua a Parigi. Sono partito da una storia veramente accaduta, l’attesa di due donne per il ritorno di una persona, l’amore carnale e l’amore materno». Ha girato nella sua Sicilia, ha 34 anni, parla in modo ironico e scanzonato: «Speravo di essere selezionat­o ma non pensavo alla gara. La mia gioia è di essere accanto a Sokurov, il mio idolo, l’ho perseguita­to per anni, nel 2004 riuscii a intervista­rlo, poi lo inondai di mail, ero anche fastidioso, avrà pensato che sono uno stalker». Piero suona tanti strumenti («tutti male, ho puntato sulla quantità»), e la colonna sonora in parte è sua. È stato assistente di Paolo Sorrentino in due film tra cui La grande bellezza: «Un’esperienza bellissima e stancante. Mi considero un regista, è quello che faccio e che volevo fare».

Se la sorpresa per il debutto da regista di Laurie Anderson ( Heart of a dog è ispirato alla sua cagnetta col pensiero a Lou Reed) è attutita dalla sua fama di cantante, quello del connaziona­le Drake Doremus, farà molto rumore; california­no di 32 anni, ha già girato sei film (premi al Sundance, elogi dalla stampa Usa): Equals (con Kristen Stewart, Nicholas Hoult e Guy Pearce), è ispirato a 1984, il romanzo di Orwell, gli equals sono creature umane incapaci di provare sentimenti, concepiti per una società «sterilizza­ta». Ma è impossibil­e resistere alla ex vampiretta Kristen Stewart…

Molti «deb» sono nati negli anni 70. C’è l’americano Cary Fukunaga ( Beasts of No Nation su un bambino soldato in Africa) autore della prima stagione di True Detective; c’è il venezuelan­o Lorenzo Vigas che in Desde allá (opera prima) racconta di uno strano incontro a Caracas tra un venditore di protesi dentarie e un branco di giovani delinquent­i; c’è l’altro americano Duke Johnson che con Kaufman (Oscar nel 2005 come sceneggiat­ore di Se mi lasci ti cancello) firma l’animazione Anomalisa. E poi c’è la prima volta in gara di nomi celebri che in passato furono in sezioni collateral­i, come Luca Guadagnino ( A Bigger Splash, remake di La piscina con Dakota Johnson) e Atom Egoyan ( Remember sugli orrori dell’Olocausto col grande Christophe­r Plummer); oppure Tom Hooper che nel 2010 vinse quattro Oscar (tra cui migliore regista) per Il discorso del re.

Il film di Hooper, The Danish Girl, racconta la vera storia di un amore che, negli anni 30, porta al primo intervento per il cambio di sesso da uomo a donna. Eddie Redmayne (premio Oscar per La teoria del tutto) ha dipinta sul volto una conturbant­e ambiguità, nel cast la svedese Alicia Vikander: lei non è una sorpresa, è una delle attrici più richieste del momento, ma non si può trascurare la moglie del primo transessua­le della storia (nonché fidanzata, nella vita vera, di Michael Fassbender). Il film in odore di scandalo è anche quello più glamour, visto che tra i protagonis­ti va aggiunto il nome di Amber Heard, moglie di Johnny Depp, anche lui atteso sul tappeto rosso, come gangster in Black Mass. Cari esordienti, lo schermo di Venezia è vostro.

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Sulla neve In primo piano Jake Gyllenhaal (34 anni), protagonis­ta di «Everest», il film che apre oggi (fuori concorso) la Mostra di Venezia

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