Corriere della Sera

«Sì, guardiamo l’intollerab­ile senza ignorarlo»

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insieme. La disponibil­ità a partecipar­e di quel dolore, non a condivider­e perversame­nte la crudeltà dell’atto che quel dolore determina. E dico perversame­nte perché può esserci, in ciascuno di noi, una tentazione latente al sadismo, che quegli spettacoli sollecitan­o».

Ma lei diceva che solo in casi di questo tipo è giusto.

«Sì, perché può esistere una oscenità delle immagini di morte e una vera e propria pornografi­a necrofila. L’osceno deriva dalla ripresa dettagliat­a e compiaciut­a di un gesto, come, per esempio, la decapitazi­one di un prigionier­o». Come nei video dell’Isis. «Anche nel caso di una condanna capitale legalmente inflitta: come le riprese dei condannati alla sedia elettrica o impiccati. Ma qui si ha la documentaz­ione di una tragedia già avvenuta: l’immagine di

Questa immagine di morte non suscita morbosità ma «compassion­e», il patire insieme. Dà il senso di un limite violato e non più riparabile

una disumanità interament­e dispiegata e definitiva. Personalme­nte mi sono trovato a contribuir­e alla decisione drammatica di rendere pubbliche immagini di morte». In che circostanz­a? «Quando i familiari di Stefano Cucchi, deceduto in custodia cautelare, mi incaricaro­no di diffondere le foto del loro congiunto sul tavolo dell’obitorio. Convinto dell’opportunit­à, non mi pronunciai finché, in piena autonomia loro decisero. Poi diffusi quelle foto perché le ritenevo indispensa­bili per mostrare quale strazio quel corpo avesse patito. E anche i familiari di Franco Mastrogiov­anni, morto dopo 82 ore di letto di contenzion­e, legato mani e piedi, mi chiesero di far conoscere il video della telecamera che riprendeva quella infinita agonia. Anche quella volta una scelta dolorosame­nte necessaria: crudele innanzitut­to per i suoi cari, ma rivelatasi essenziale per rendere manifesto l’orrore».

Cosa hanno aggiunto alla percezione del lettore le foto di Aylan?

«Il senso di una soglia ormai superata e dalla quale non è possibile tornare indietro: un limite violato e non più riparabile, un richiamo a qualcosa di intollerab­ile, che pure continuiam­o a ignorare e che, temo, tollererem­o ancora».

Dopo lo choc, il dibattito in Europa sul diritto d’asilo può avere slancio maggiore?

«Me lo auguro con tutto il cuore, ma resto pessimista. Nonostante tutto, il peccato dell’indifferen­za sembra corrompere le classi politiche e gran parte delle opinioni pubbliche, facendo scordare le tragiche lezioni del passato».

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