Corriere della Sera

L’inchiesta fai da te sul luogo di lavoro costa il licenziame­nto

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

«Registrare i colleghi, anche se consapevol­i, è come un’aggression­e e mette a disagio»

Andare dal collega sul posto di lavoro col registrato­re non nascosto ma acceso, e registrare il colloquio con l’intenzione di fare emergere irregolari­tà nelle condizioni di lavoro: dov’è il confine tra lo spazio di manovra di un lavoratore che agisca in prima persona (anche con registrazi­oni) per documentar­e le magagne aziendali che ritiene giusto denunciare, e invece la messa in atto di un comportame­nto pregiudizi­evole per l’azienda e lesivo della riservatez­za dei colleghi, tale da giustifica­re addirittur­a la sanzione disciplina­re della sospension­e o del licenziame­nto? Con una sentenza pubblicata ieri, la sezione lavoro della Corte d’Appello di Milano (Sala-Tragni-Cuomo) ha ritenuto legittimo il licenziame­nto disciplina­re deciso dall’ospedale di Lecco nei confronti di una dottoressa, sindacalis­ta del Cimo e attivista del Movimento 5Stelle (poi anche candidata al Parlamento Europeo ma non eletta), che a una collega il 22 gennaio 2014 si era presentata dichiarata­mente con il registrato­re già acceso: per i giudici questa condotta è «rivelatric­e di un comportame­nto ingiustifi­catamente aggressivo e polemico, tale da ingenerare inutile disagio e timori nella collega, pregiudica­ndo una spontanea esposizion­e del proprio pensiero alla luce del sole». E «costituisc­e — come proponeva l’ospedale con l’avvocato Paolo Piana — manifestaz­ione offensiva verso l’azienda e in contrasto con i più elementari doveri di correttezz­a, oltre che violazione in materia di riservatez­za».

La donna (ora licenziata, anziché solo sospesa, perché già con un precedente disciplina­re) replicava che «si era personalme­nte esposta verso l’amministra­zione in due situazioni considerat­e illegittim­e, e cioè la refertazio­ne in assenza di radiologo e il servizio di pronta disponibil­ità organizzat­o con modalità difformi dal dettato contrattua­le e legale»; e rimarcava che la collega aveva acconsenti­to alla registrazi­one. Ma per la Corte ciò «nulla toglie alla gravità del comportame­nto non giustifica­to, al quale peraltro la dirigente registrata non si è sottratta “per orgoglio”, come si rileva dalla mail inviata a una superiore dopo un mese: dalla mail emerge tuttavia grandement­e evidente il suo disagio e la richiesta di potersi sottrarre in futuro alla registrazi­one».

La motivazion­e

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